“30 anni diversi perché unici”.

Un compleanno importante, quello dei trent’anni. Segna probabilmente il definitivo passaggio all’età adulta, quando i corpi, di una donna o di un uomo, assumono anche antropologicamente un’espressione definitivamente matura, accettando con compiaciuta serenità l’assunzione di responsabilità per il posto che si occupa nella propria comunità, nella società, nel mondo e pretendendo parimenti dagli altri il riconoscimento del proprio ruolo e il relativo rispetto. La ragazza o il ragazzo che si è dibattuto in noi per tutto il decennio precedente, impedendoci di essere presi veramente sul serio, ora deve farsi da parte, ritirarsi – seppur sempre presente – in un remoto cantuccio del nostro essere. Ebbene, sembra che stia divagando, ma in realtà è un po’ questa l’impressione che mi ha fatto la presentazione della prossima edizione del 30° Torino Gay & Lesbian Film Festival, che si terrà a Torino dal 29 Aprile al 4 maggio, durante la conferenza stampa tenutasi presso il tempio “Nazionale” del Cinema, la Mole Antonelliana, il 15 Aprile scorso.

Six Dance Lessons In Six WeeksL’assessore alla Cultura della Regione Piemonte, Antonella Parigi, il presidente della Commissione Cultura della Città di Torino Luca Cassiani, il direttore del Museo Nazionale del Cinema Alberto Barbera e il presidente del Museo e della Film Commission Torino Piemonte Paolo Damilano, si sono, con voce unanime, stretti intorno al Direttore del TGLFF, Giovanni Minerba, mostrando non tanto solidarietà, ovvia, ma piuttosto gratitudine, per il lavoro svolto fin qui, per la proposta culturale di indiscusso valore, ma anche per l’impegno civile di una manifestazione che, attraverso il cinema, ha dato e continua a dare (finché ce ne sarà bisogno) visibilità a un’istanza piuttosto semplice, eppure non ancora compiutamente realizzata.

Lo dice bene il direttore Giovanni Minerba: “Una rassegna che ha concesso a una comunità l’opportunità civile, culturale e politica di affermare la propria visibilità.”

Ma non fraintendetemi. Il TGLFF è innanzitutto un festival cinematografico, il cui programma viene confezionato con estrema accuratezza cinefila, attraverso il lavoro di una staff tecnico e artistico di eccezionale valore. E’ un festival che porta in Italia film, cortometraggi e documentari che difficilmente sarebbero distribuiti nel nostro Paese. E’ un festival inclusivo, che si rivolge agli appassionati di cinema e agli attivisti, certo, ma anche a chiunque altro. Eppure non sarebbe completamente onesto fingere che sia solo questo, perché non è così.

“30 anni fa, il 25 giugno del 1986,” ricorda sempre il direttore Minerba, “con Ottavio (n.d.r Ottavio Mario Mai, scomparso prematuramente l’8 novembre 1992) scegliemmo di opporci a un certo cinema mainstream che utilizzava il personaggio omosessuale in ruoli marginali e spesso offensivi… 30 anni di emozioni… cercando sempre di fare del cinema e della cultura uno straordinario mezzo democratico per avvicinare le persone, per raccontare contraddizioni e traguardi, per narrare una storia poetica ma in grado di scuotere le coscienze.”

E sta soprattutto qui l’importanza di questa manifestazione. La capacità di scuotere le coscienze anche attraverso la rappresentazione di un’evoluzione delle tematiche sulle quali riflette, che è andata di pari passo proprio con l’evoluzione delle coscienze appunto. Compiere trent’anni non è per il TGLFF semplicemente un fatto esteriore. Questo festival ha saputo di anno in anno portare ogni volta temi nuovi o modi nuovi di guardare agli stessi temi. L’evoluzione legislativa e culturale, addirittura del costume, in atto, o definitivamente istituzionalizzata in molti Paesi, porta inevitabilmente all’attenzione di scrittori e registi anche nuove storie sulle quali riflettere e far riflettere: nuovi scenari famigliari e sociali sono ormai, in molti luoghi del mondo, evidentemente possibili. Nascono così rapporti inediti e inediti modi di rapportarsi. La normalizzazione “anche” a livello legale dei rapporti omosessuali e la relativa presenza nel tessuto sociale di famiglie “normalmente diverse”, se da una parte è il primo doveroso passo verso l’integrazione, verso cioè l’opportunità di un meraviglioso e libero incontro tra le differenze e verso la scomparsa di ogni pregiudizio, è anche vero però che questo sdoganamento, in taluni casi, duri purtroppo a sradicarsi, può anche contribuire a invelenire gli animi di chi abitualmente si nutre di odio e intolleranza.

La rivoluzione del digitale ha in un certo senso democraticizzato l’opportunità di raccontare storie, ha permesso attraverso produzioni low-budget o micro-budget a molti autori, in modo più o meno indipendente, di raccontare e di farlo con profondità e qualità estetiche e tecniche di tutto rispetto. Il sostegno dell’industria – un tempo imprescindibile per raggiungere certi livelli di qualità – non è più oggi strettamente necessario.Six Dance Lessons In Six Weeks

Questo fenomeno ha evidentemente sdoganato molti temi e aggirato esplicite o implicite censure (per certi versi ancora più subdole quelle non istituzionali, ma celate dietro le scelte editoriali dei broadcaster e delle produzioni mainstream) ed è quiondi anche grazie ai festival che selezionano, intercettano e offrono alla visione opere meritevoli, che molta di questa produzione sommersa, riesce ad emergere e a raggiunge lo spettatore interessato.

Una varietà di sguardi e sfumature infinite; contraddizioni incrollabili e storie terribili di odio, che si intrecciano viceversa con storie edificanti di un futuro possibile. La tematica omosessuale si intreccia con quella sull’amore inter-etnico e le storie di omofobia incontrano il moderno bullismo, che riguarda giovani o giovanissimi e che a sua volta si intreccia probabilmente anche con le trasformazioni culturali legate all’evoluzione dei nuovi media, alla diffusione dei device mobili e dei social network.

Si parte dunque il 29 aprile. Madrina della trentesima edizione, presente alla serata inaugurale, sarà l’attrice Carolina Crescentini. Ospite musicale d’eccezione l’eclettica cantautrice Irene Grandi che aprirà la kermesse con un miniconcerto live, prima della proiezione di “54: The Director’s cut” di Mark Cristopher (Usa, 2015), ovviamente alla presenza del regista.

E si finisce il 4 maggio. La serata di chiusura, oltre alla cerimonia di premiazione, vedrà come ospite musicale Zibba (Sergio Vallarino), interessante cantautore del panorama indie italiano e la proiezione di “Six Dance Lessons in Six Weeks” di Arthur Allan Seidelman (Ungheria 2014), che vede il ritorno sul set – ottantacinquenne – della bellissima e intramontabile Gena Rowlands.

Nel mezzo tra queste due date una kermesse che, considerando il periodo storico e il budget in continua contrazione, presenta un’offerta davvero notevole: 115 titoli in programma, 49 anteprime italiane, 5 anteprime europee, 3 anteprime internazionali, 9 anteprime mondiali e 30 nazioni rappresentate. Nove i Lungometraggi in concorso, 23 i cortometraggi e 7 i film selezionati per il premio Queer.

Tre sono i premi principali (Premio “Ottavio Mai” per il Miglior Lungometraggio, Premio Queer e premio per il Miglior Cortometraggio) ai quali si aggiungono due premi del pubblico (Miglior lungometraggio, che non si limita ai titoli del concorso, ma comprende una selezione di trenta film in programma e Miglior Cortometraggio).

Tra i titoli in programmazione ricordiamo almeno, fuori concorso, l’anteprima internazionale di “Boulevard” di Dito Montiel (Usa, 2014), uno degli ultimi film interpretati da Robin Williams, prima della sua scomparsa.

E come a voler dimostrare, se ce ne fosse bisogno, che questo festival è inclusivo, che rivendica con personalità il proprio posto nel “sistema”, non come ingranaggio autoreferenziale del meccanismo culturale, ma quale tassello perfettamente funzionante e quindi necessario al movimento del tutto, il TGLFF, non dimentica “Torino 2015 – Capitale Europea dello Sport”, riservando particolare attenzione alle tematiche sportive con film come “Drown” di Dean Francis (Australia, 2014), sulla vicenda di un campione di surf gay, vittima di bullismo omofobico o “Fuori” di Chiara Tarfano e Ilaria Luperini (Italia, 2015), che narra la storia di Nicole Bonamino, giocatrice torinese di hockey, che fece coming out in occasione delle Olimpiadi di Sochi 2014 e che sarà, tra l’altro, presente al festival. Due film rientrano invece nella programmazione ufficiale di “Torino incontra Berlino”: “Praia do futuro” (Brasile, Germania, 2013) e il film cult “Anders als die Andern” di Richard Oswald (Germania, 1919), nella versione restaurata del Museo del Cinema di Monaco. Mentre “Eat With Me” (Usa, 2014), opera prima del regista David Au, rappresenta l’omaggio del festival a “Expo To 2015”: una commedia leggera (ma profonda come solo le buone commedie sanno essere) che offre tra l’altro un cameo di eccezione, grazie alla presenza dell’attore George Hosato Takey, il mitico timoniere della USS Enterprise Hikaro Sulu, nella serie televisiva Star Trek. Non mancherà anche la collaborazione con il Circolo dei Lettori (salotto letterario noto e frequentato della Città) con la manifestazione “A qualcuno piace libro”, che si declina attraverso una serie incontri letterari.

Per il programma completo rimando al sito della manifestazione: http://www.tglff.it

Mi preme concludere con un ricordo, che è anche una dedica e, ancora una volta, una dichiarazione sincera e commossa,  del direttore Giovanni Minerba: “Non saremmo qui, non meriteremmo di essere qui, se, infine dimenticassimo chi non c’è più: i nostri Harvey Milk, i nostri Oscar Wilde, le nostre Virginia Woolf, i miti senza i quali saremmo più poveri e le nostre vite sarebbero più oscure. Figure che infiammano un firmamento di eroine ed eroi senza tempo, nel quale è naturale per me aggiungere Ottavio”

E proprio a Ottavio Mario Mai, a Torino, sarà intitolato un viale. Martedì 22 aprile ci sarà la cerimonia di intitolazione (sto scrivendo il 17), per tutti i lettori quindi ci sarà già stata. Un piccolo tratto pedonale dell’attuale corso Carlo Luigi Farini, compreso tra via Niccolò Tommaseo e lungo Dora Siena, adiacente al Campus Luigi Einaudi, sede dei corsi universitari nell’ambito delle Scienze giuridiche, politiche e economico-sociali: proprio il luogo in cui donne e uomini si formano quali donne e uomini di Diritto. Una piccola cosa, in fondo il Viale Ottavio Mario Mai, si tratta dopotutto di un minuscolo pezzetto di città. Eppure davvero una grande cosa, proprio una grande cosa.

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