TIDAL WAVES, avalanches

Tidal Waves, maremoto. Chi di voi ha scelto questo nome e perchè?
Il nome Tidal Waves è stato proposto da Antonio (voce e chitarra), per due motivi:
Per il significato letterale, Tzunami, onda anomala, maremoto, dato che

Tidal Waves

volevamo tutti un nome che avesse a che fare con l’acqua.
“Every wave is tidal if you hang around you’re going to get wet”, è una frase tratta da un pezzo di Elliott Smith, cantautore statunitense di cui siamo grandi ammiratori.
La band nasce nel 2015 ma sicuramente arriva da più lontano. Come vi siete conosciuti e quando la decisione di creare il gruppo?
Ci conosciamo dai tempi del liceo e frequentavamo gli stessi posti, gli stessi club per ascoltare musica live e condividevamo già da allora gli stessi gusti musicali e interessi. Dopo alcune esperienze in altri progetti e dopo un periodo di pausa abbiamo deciso di ricompattare i pezzi del puzzle rimasti e siamo ripartiti insieme per il nostro progetto: Tidal Waves.
I Tidal Waves iniziano direttamente con l’alternative rock o hanno sperimentato anche altri generi musicali?
Abbiamo deciso, anche se in modo molto naturale, di seguire la scia dei progetti precedenti che racchiudevano vari aspetti dell’alternative-music con sfumature post-grunge e post-punk.
Quali le vostre influenze musicali e periodo di appartenenza?
Come influenza principale sicuramente ci viene da sottolineare il periodo grunge, quindi Nirvana, Smashing Pumpkins, Soundgarden, Temple of the dog, Alice in Chains e tutte le band di quel periodo. L’alternative-music degli anni ’90, il periodo in cui si guardavano i video su MTV, anche qualcosa di italiano, Afterhours, Verdena e qualcosa dei Marlene. Per un periodo siamo stati grandi fan del Teatro degli Orrori. Questo è stato il nostro punto di partenza che in qualche modo ci ha unito non solo musicalmente parlando ma soprattutto umanamente.
Non mancano anche ascolti più contemporanei e di altri generi, cerchiamo di non restare chiusi e di aprire sempre di più la nostra vision musicale.
Un EP Avalanches composto da quattro brani (Avalanche, Evil, Never, All that you have tried). Ci presentate l’album e cosa volete esprimere con esso.
“Avalanches” è il nostro primo lavoro in studio e per il momento è il nostro biglietto da visita. Racchiude sicuramente al meglio tutti i nostri gusti musicali, in un formato molto compresso che è quello di un EP. Sicuramente come primo impatto volevamo dare qualcosa di forte e incisivo e crediamo di essere riusciti in questa mission.
Quando suoniamo dal vivo cerchiamo di rendere la scaletta, come già specificato prima, molto varia e non centrata solo verso una direzione (come può sembrare dal disco, infatti non è quello che vogliamo principalmente trasmettere, non è la nostra totale filosofia musicale), la varietà dei pezzi è l’aspetto su cui ci stiamo concentrando maggiormente adesso soprattutto in ottica di un vero e proprio disco.


Antonio, Francesco, Andrea, ci parlate un pò di voi? La vostra età e cosa vi ha spinto verso la musica.
Antonio: ho 35 anni, ho cominciato a suonare la chitarra al liceo. Mi sono avvicinato alla musica grazie al ragazzo di mia cugina che mi regalò un cd dei Pearl Jam e da quel giorno non ho mai smesso di ascoltarli.
Andrea: Sono del ’90, oltre ai Tidal e alle bacchette, sono un calciatore di seconda categoria (il calcio vero e battagliero), ho cominciato a suonare la batteria in casa e in cantina ma i vicini erano esausti e quindi ho cominciato a cercare band in cui suonare. Ed eccomi qui.
Francesco: Ho 33 anni. Al liceo ogni lettore mp3 e cd aveva dentro album dei Nirvana e System of a down. Ho cominciato a suonare la chitarra grazie al mio compagno di banco, poi per esigenze mi sono trasferito al basso (nei Tidal Waves). Se ho cominciato ad ascoltare musica lo devo soprattutto a mio padre: ricordo che aveva in macchina una cassetta dei Queen che abbiamo consumato a furia di ascoltarla a tutto volume durante viaggi e uscite.
Cosa lega i Tidal Waves, Napoli e il genere di musica che proponete?
Sperando innanzi tutto che un maremoto non riguardi mai Napoli.
Il concept “onde, mare e acqua” ci ha affascinati fin dall’inizio del progetto, la scelta del nome collegato alla nostra appartenenza territoriale è stato un concetto studiato.
Il mare è una parte di noi e di Napoli ed è la cosa che di più al mondo riesce ad aprire la mente umana e crediamo che per chi fa musica sia un aspetto essenziale.
La varietà della nostra idea di musica è una prerogativa ed è collegata al concetto che “ogni onda può essere una marea” (come dice Elliott Smith), a prescindere dalla sua grandezza e forma. Quando un uomo partorisce l’idea che anche per mare si debbano definire confini e alzare muri e che un porto debba restare chiuso proprio come la sua mente, evidentemente o non vive in un posto sul mare e di questo lo giustifichiamo perchè non sa che cosa significa, oppure è una persona chiusa di mente e non ci arriva per motivi ideologici e politici.
Con i live, vi esibite principalmente a Napoli ed in Campania o riuscite ad uscire anche al di fuori della realtà campana?
Il nostro prossimo obiettivo è senza dubbio quello di promuovere i nostri pezzi in tutta Italia e speriamo di farlo al più presto. Magari dopo l’uscita del disco che contiamo di realizzare tra la fine di quest’anno e l’inizio dell’anno prossimo.

Michela Campana e Alfonso Papa © Copyright Backstage Press. All Rights Reserved

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