Mojo il tuo primo album interamente strumentale. Come nasce questo progetto?
Mojo è nella mia testa da tanti anni, ho sempre cercato di mettere qualcosa di strumentale nei dischi che ho fatto. Per cui mi sono lasciato andare, sentendone proprio l’esigenza. Vedevo i miei dischi come se fossero a metà, da un punto di vista cantautoriale si, ma da quello strumentale non ne avevo mai abbastanza, cercavo sempre di infilare la chitarra tutte le volte che potevo.
Ho deciso quindi di farne uno solo chitarra per soddisfare quel mio appetito musicale, non so se sono riuscito a soddisfarlo del tutto però almeno ho fatto il disco.
Cinque sono gli anni trascorsi dal tuo ultimo album e cinque sono gli anni di tuo figlio. C’è qualche collegamento?
Sicuramente, per diversi motivi da quando è nato lui mi è cambiata molto la vita ovviamente, sono dovuto stare molto dietro a lui e certe cose sono diventate meno prioritarie. Ho continuato a lavorare, certo, ma ridimensionando un po’ il tutto per poterlo crescere e stargli vicino.
Mi sono preso una pausa, io non mi fermavo da una vita, sono un tipo abbastanza “ingrippato” per il lavoro che faccio, la musica è la mia vita. Mi sono reso conto che era tutta la vita che non mi fermavo mai, anche per le vacanze giusto qualche giorno in concomitanza di qualche lavoro. Non stacco mai veramente e la nascita di mio figlio mi ha fatto anche molto riflettere.
Mojo ti riporta alle origini. Hai notato qualche cambiamento nel tuo percorso artistico degli ultimi anni?
Il percorso artistico è sempre in continuo e costante cambiamento. I miei dischi suonano tutti diversi l’uno dall’altro, ho sempre avuto paura di diventare un cantautore che fa tutti i dischi uguali. Passano vent’anni ed i dischi hanno tutti lo stesso suono, ecco io ho il terrore di quella cosa lì, di aver un appiattimento culturale, un appiattimento artistico e per quanto ci possa essere un bisogno commerciale non è eticamente corretto.
Ho fatto il primo disco IT.POP che ha un suono, poi LA VASCA che ha un suono già un po’ diverso, 3 che è il terzo disco suona ancora diverso con molti più strumenti dal vivo, cioè con strumenti veri e meno campionati.
FESTA con molto più jazz ed improvvisazione, dopo questi ho smesso di programmare, ho usato molto meno il computer ed ho fatto un disco molto più suonato MTV UNPLUGGED, tutto unplugged e tutto suonato senza strumenti elettrici. Ed ho continuato a suonare .23 anche questo tutto completamente suonato, dopo di cui ho cominciato a mischiare con il disco BENE COSI’ che è suonato e programmato, così anche per IL NOME DELL’AMORE fino a quest’ultimo MOJO che è suonato e programmato con una ricerca sonora importante, volevo fare un disco da musicista. Considero il computer uno strumento, per cui ho usato una programmazione in cui potesse finire dentro tutto. E’ stato bello ed è uscito fuori un piatto in cui ci sono ingredienti diversi.
L’apertura dell’album è affidata al blues/funk, una scelta voluta? Quali altri generi troviamo nell’album?
Non te lo so dire sinceramente, io penso di aver fatto un disco blues. Oggi non si parla più di genere neanche tra uomini e donne, figuriamoci sulla musica. Ascolto le hit, le playlist che contengono un po’ tutto. Mojo parte dal blues ma poi abbraccia un po’ tutto e voglio che sia così.
Oggi molti giovani hanno una visione distorta della musica. Come ti approcci a questa cosa?
Poverini, perché distorta? I giovani ascoltano quello che hanno a disposizione. Un po’ di tempo fa mi è capitato di essere a tavola con un gruppo di persone, tra cui c’era uno più grande di me, sarà stato della metà degli anni cinquanta e ce l’aveva a morte con un cantante moderno e criticava pesantemente una sua canzone e concludeva che ai suoi tempi si faceva attenzione ai testi ed oggi no. Io sono un po’ inorridito da questa cosa, perché poi gli anni passano ed uno si ricorda solo quello che gli pare. Gli faccio: tutti i testi degli anni sessanta erano testi impegnati? E lui, mi dice “si era un altro periodo era un’altra cosa, un’altra generazione.” Gli faccio, ok allora spiegami cosa c’è di impegnato in fatti mandare dalla mamma a prendere il latte o ancora siamo i Watussi gli altissimi negri, e lui “e vabbè ma quello che vuol dire.”
Oggi c’è di tutto, tra vecchie generazioni e nuove c’è chi scrive delle cose più superficiali ma non dimentichiamo che sono giovani ed hanno il diritto di farlo e c’è invece chi scrive delle cose più interessanti. Poi ovvio che a seconda del tipo di pubblico che ti segue scrivi cose adatte a quel tipo di pubblico. Ma ci sono anche tante altre cose c’è Salmo che scrive cose ben diverse, c’è Brunori.
Un treno per Roma è quel treno che ti riporta a casa?
Si certo. Quando sei all’ultimo giorno e prendi un treno che ti riporta a casa è un treno diverso, ha un sapore diverso.
Oggi si viaggia molto in treno e quando si viaggia, tu sei sempre lo stesso, le stazioni sempre le stesse ma il sapore è diverso in base alla destinazione ed ovviamente io abitando a Roma quello che mi riporta a Roma ha un sapore particolare.
In Mojo, Roma ma anche Toscana ed Amsterdam sono i posti del cuore. Che rapporto hai invece con la Campania?
Con la Campania ho sempre un rapporto particolare, quando ero piccolo avevo uno zio che si era trasferito ad Afragola, andavamo spesso a trovare zio ed anche dei cugini con i quali quando ero li andavamo in giro a comprare delle cose in una Napoli un po’ diversa, più frequentabile e più casareccia. Io seguo il calcio, sono tifosissimo della Roma però ho sempre simpatizzato per il Napoli. Se non gioca la Roma guardo volentieri il Napoli, mi ricordo il Napoli di Savoldi, lo stadio, mi sono goduto Maradona. Poi io ho cominciato a suonare la chitarra per colpa di Eduardo Bennato, ho seguito artisticamente le sue canzoni e poi Pino Daniele più tardi, persone con cui poi è nata una bellissima amicizia come con Eduardo che ancora continua è una città che conosco bene, che ho frequentato tanto. Sai oggi c’è avanti Cristo e dopo Cristo, per me c’è l’avanti Eduardo e il dopo Eduardo (mio figlio, non Bennato). Fino a cinque anni fa Napoli è stata una città che ho sempre frequentato volentieri, tanti musicisti napoletani che hanno suonato con me.
Mojo Tour e Pop Tour due progetti paralleli, quali quelli futuri?
Adesso sono concentrato su questo e me lo voglio godere per un po’, aspettiamo un po’ che passi l’estate continuiamo a suonare. Ho scritto un sacco di cose, sento che tra un po’, ancora no ma tra un po’ avrò voglia di fare anche un disco cantato.
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