A quattro anni di distanza da Black Tarantella arriva un nuovo album di inediti Lotto Infinito, tra l’altro il primo album con la Sony Music. Cominciamo la nostra chiacchierata proprio da questa nuova collaborazione, cosa significa per te incidere con una major?
Sono contento perché ritorno con una major dopo tanti anni e questa è una cosa che mi fa piacere perché la mia musica in questi anni anche se indipendentemente ed al di fuori di certe cose ha meritato, riuscendo ad avere una relazione artistica con una grande casa discografica è un motivo di orgoglio e di felicità.
Il tuo nuovo lavoro presenta quattordici tracce, per quasi altrettante collaborazioni e duetti. Anche questa sta diventando una costante del tuo modo di fare musica. La fusione generi e tipi di musica.
Dopo Black Tarantella mi è venuto spontaneo continuare su questo percorso, però questa non è una conditio sine qua non, a me piace non seguire schemi prestabiliti o condizioni stabilite a tavolino.
Mi piaceva, però, approfondire il discorso dei linguaggi intesi come totalità della parola e del suono. Le collaborazioni presenti nell’album, rappresentano incontri che ho voluto fortemente, ci ho messo comunque tre-quattro anni per completarlo. Ho anche aspettato, la disponibilità dei miei amici artisti sia per ciò che riguarda l’ispirazione e la scrittura e sia per poter fare poi materialmente il tutto. E questo aspetto, secondo me è importantissimo.
Nei tuoi brani, spesso vi sono messaggi indirizzati ai giovani. Lotto Infinito, che è il brano che da il titolo all’album, parte dal “lotto zero” di Ponticelli, vecchie palazzine, amianto, cemento, degrado.
Lo “zero” cancellato sulla cover dell’album diviene “infinito”, un invito a non perdere mai la speranza?
La Napoli che io racconto è quella che dal mare si sposta verso Napoli Nord, verso la periferia. Per periferia non intendo solo Napoli Nord, ma non intendo neanche solo la periferia di Napoli. C’è sicuramente un “lotto zero” a Milano, una periferia a Londra.
Ci sono sicuramente aree svantaggiate rispetto a certe altre aree, devo dire la verità i lotti come dicevo anche in una presentazione di qualche giorno fa rappresentano delle realtà. Piccole realtà nella realtà, piccoli mondi nel mondo. Anche noi siamo dei mondi, ognuno di noi vive un mondo. Una sorta di granello dell’infinito. L’infinito vive di tanti piccoli granelli, nel momento che tu sei un punto di infinito sei al tempo stesso infinito. Lo stesso discorso vale, se sei una goccia d’acqua nell’oceano sei anche oceano.
Secondo me in ogni micro cosmo, in ogni piccola realtà, in ogni lotto dell’universo, c’è tutto l’universo, ci sono tutte le speranze, tutte le contraddizioni, tutte le ingiustizie e c’è tutta la verità che il mondo intero vive da sempre.
In Amm”a Amm”a c’è Caparezza che ti chiede fortemente di cambiare. Per poter vivere in questo mondo, quanto bisogno c’è di cambiare?
Per poter vivere c’è comunque un bisogno di andare, di andare avanti. La vita è dinamica comunque ed ovunque diviene, non si ferma. Con Michele, si è creato proprio un canto, un incitamento ad andare avanti, a muoversi, a non fermarsi. E’ naturale che il non fermarsi è legato a tutto, sia ad una condizione psicologica che ad una condizione proprio sociale e perché no anche ad una condizione spirituale.
In nostro è un canto di speranza e di augurio, è quasi un omaggio a Pasolini, alla sua posizione culturale ed alla sua poesia.
Per questo brano ho fortemente cercato Michele Caparezza, perché mi affascina in maniera straordinaria il suo modo di stare sul ritmo, lui riesce con la parola a “muoverti” ed allo stesso momento a fornire una visione molto forte. Probabilmente molte delle cose dette in un disco sono cose già sentite, però è anche vero che attraverso un ‘emozione la gente può interiorizzare ed avere il desiderio di passare da una canzone all’azione.
Da Terra Felix a Terra Appicciata, Abbi Pietà di Noi è una preghiera di sofferenza all’indifferenza verso il rispetto alla terra ed alla vita.
Questa è una sorta di continuazione delle litanie, che diventano litanie popolari, litanie laiche in un certo senso. Però c’è una coscienza, il male che l’uomo fa non lo ha voluto nessuno al di fuori dell’uomo e quindi è l’uomo anche responsabile delle cose che succedono e quindi è l’uomo che chiede scusa all’uomo. E’ anche un chiedere scusa a queste terre che sono state completamente distrutte sia nella parte del vivere sano ma anche nella parte culturale e spirituale. Sono territori veramente bruciati.
Ci racconti un po’ qualche aneddoto legato ai duetti?
In De-Produnfis è come se avessi portato Giorgia nelle vele di Scampia e lei avesse cantato questa preghiera laica che invita ad una fede nella vita.
O ancora nessuno avrebbe immaginato che in questo album poteva ascoltare Avitabile e Renato Zero cantare in napoletano. Ho aspettato mesi Renato.
Anche per De Gregori l’attesa è stata lunghissima, ma quello era un brano in cui io volevo Francesco, perché per quel brano volevo un altro orientamento, un altro punto di vista, un’altra possibilità di racconto.
L’incontro con Paolo Fresu, li potevo tranquillamente prendere il sassofono e fare un duetto che sapeva di jam session, invece Paolo suona in un brano in cui parlo di questa vita, di questa briciola di vita che comunque crea la vita totale.
O munn ca er, addiventa o munn c’ha è cagnat con la bellissima interpretazione di Lello Arena.
Quella di Lello poteva essere un’introduzione, ma io ho voluto che chiudesse il disco in modo che il messaggio fosse inteso come un messaggio di augurio, qualcosa che è cambiato, abbiamo preso coscienza di tutti quelli che sono i disagi e tutto questo da oggi cambierà.
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