Iniziare la primavera ascoltando la voce e le canzoni di Fabio Concato. Un ottimo principio di bella stagione, che – se è pur vero che tarda a farsi sentire meteorologicamente – possiamo assaggiare attraverso la dolcezza delle note e parole del cantautore milanese.
Il concerto al Quisisana Jazz Club, luogo dove negli ultimi anni si sta concentrando il meglio dell’arte e della movida campana, inizia in ritardo, mentre il pubblico impaziente e numerosissimo inizia a rumoreggiare; Concato (al secolo Fabio Piccaluga) è stato per un’ora bloccato nel traffico di Castellammare di Stabia, entra tra gli applausi, introdotto dal patron del locale, il jazzista Peppe De Rosa, deciso a farsi perdonare. E così accade in due ore di canzoni, sorrisi e racconti.
La band è la stessa che lo accompagna da qualche tempo: Stefano Casali al basso, Gabriele Palazzi alla batteria, Larry Tomassini alle chitarre e Ornella D’Urbano al pianoforte e alle tastiere; tutto rigorosamente live, senza programmazioni elettroniche. Dall’anno scorso, in alcune date, Concato è affiancato dalla tromba di Fabrizio Bosso, uno dei più grandi jazzisti italiani, assente per questa tappa.
Apre la serata “O bella bionda”, brano del 1996 dal groove solare e spensierato. L’artista saluta il pubblico, ringraziando per il calore che il pubblico campano gli riserva da sempre, come ha evidenziato anche in quella che ritiene la sua canzone preferita, “Gigi”, dedicata al padre, dove compare la strofa “E’ un bel lavoro fare musica/sempre in giro come adesso che sto a Napoli/se vedessi quanto affetto non lo immagini/e’ una festa e poi sentissi come cantano”.
Si succedono quindi, tra racconti semiseri e battute autoironiche, i capolavori che hanno segnato la carriera di questo artista che ha fatto della tenerezza il suo marchio di fabbrica: “Giudo piano”, “M’innamoro davvero” (nella versione da studio era in duetto con Josè Feliciano), “Fiore di maggio”, “Tienimi dentro te”, “Ballando con Chet Baker”, “Ti ricordo ancora”, “Sexy tango”, ma anche chicche come la irriverente “Porcellone”, che il padre – era il 1979 – gli sconsigliò di pubblicare, e “Canzone di Laura”, il cui testo nel 1992 venne scritto da Pino Daniele, al quale ha reso così omaggio. In scaletta hanno trovato poi spazio brani dell’ultimo lavoro, “Tutto qua”, uscito nel 2012; ne ascoltiamo due: “Stazione nord” e “Non smetto di aspettarti”. Il brano che suscita maggiori emozioni e commozione è “051”, incisa nel 1988 e dedicata ai bambini maltrattati (i proventi derivati da incisioni e SIAE, da allora, vanno al Telefono Azzurro), interpretata con tutto il cuore che Concato ha. Chiude il concerto “Rosalina”, in una scatenata versione salsa.
La voce del signor Piccaluga non ha subito l’usura del tempo, ha guadagnato in timbrica ed espressività, le sue canzoni fanno sentire innamorato anche chi non lo è. Resta la tenerezza, mischiata con un goccio di malinconia, ma tutto è illuminato dal sorriso sincero e rassicurante di uno dei più grandi poeti della canzone italiana.
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