Fabrizio Bosso: Una vita per il jazz

Una vita dedicata al Jazz. Quali sono gli elementi che ti hanno spinto ad intraprendere questa strada? E perché in così tenera età?

Sono cresciuto in una famiglia di musicisti dove si ascoltava di tutto, soprattutto jazz. Mio padre è un trombettista, io da piccolo cercavo di imitarlo con delle trombe giocattolo. Ne distrussi tre, alla fine mi regalò una tromba vera. Cominciai a studiare e a dieci anni già lo accompagnavo nelle big band. Mi sono diplomato e ho cominciato subito a fare molta esperienza; capii presto che era quello che volevo fare. La mia famiglia mi ha sempre appoggiato senza mai condizionarmi.

Ph Andrea Boccalini
Ph Andrea Boccalini

I tuoi ultimi lavori sono legati a una ricerca meticolosa nella musica nera, com’è nato questo progetto gospel/spiritual?

È nato grazie alla collaborazione con Alberto Marsico (organo hammond) e Alessandro Minetto (batteria). Insieme suoniamo da molto tempo e qualche anno fa abbiamo fondato lo Spiritual Trio. Abbiamo cercato di “fissare” queste emozioni in due album, il primo “Spiritual” uscito nel 2011, il secondo “Purple” nel 2013.

Lo Spiritual è un genere che tocca l’anima, è difficile non sentirsi coinvolti. Da anni volevo approfondire questa musica, poi grazie a Marsico, che collabora anche con molti cori gospel, ho avuto la possibilità di conoscerla a fondo. È una ricerca continua e il repertorio è vastissimo, in questi due dischi abbiamo cercato di presentare una rosa molto ampia.

Le tue collaborazioni non sono solo jazz, come ti poni nei confronti di altri generi, quando ti “allontani” dal tuo mondo musicale?

Se vengo chiamato, presumo che sia per portare il mio linguaggio. Sono onnivoro di musica, viaggiando molto per lavoro ne ascolto moltissima, amo tutti i generi musicali. Non è difficile per me avvicinarmi ad altri mondi musicali, credo mi venga naturale. Spesso è la curiosità che mi spinge, senza quella credo sia difficile anche suonare il jazz.

Tu e la tua tromba avete letteralmente girato il mondo. Oggi, tu, la tua musica e il tuo modo di fare musica dove vi sentite più a casa e che momento vive il jazz in Italia?

Ph Andrea Boccalini
Ph Andrea Boccalini

La mia casa è il palco e ogni posto dove vengo accolto con affetto, che sia in puglia, a tokio, un grande palco o un piccolo club. Mi sento a mio agio quando avverto il calore con il pubblico, un feeling. Mi sento a casa anche quando sono circondato da persone che stimo e che sento amiche. Molti dei musicisti con cui suono, sono persone con cui condivido non solo il palco. I progetti con loro, sono quelli che alla fine funzionano meglio.

Il jazz in Italia è pieno di talenti. Sicuramente c’è un problema di spazi e di occasioni per esibirsi ma non bisogna neanche troppo assecondare certi aspetti. Ci sono molti direttori artistici che fanno di tutto per offrire spazi e occasioni ai giovani. Nel festival di Note D’Autore, di cui sono direttore artistico, che si svolge a Piossasco (To), offro sempre la possibilità a molti giovani di esibirsi, anche al fianco di grandi nomi.

Di recente hai annunciato il tuo concerto, arrangiato e diretto da Peppe Vessicchio, del 23 Agosto. Come nasce questa collaborazione?

Con Peppe abbiamo lavorato in televisione, poi abbiamo stretto amicizia lavorando all’inizio con Mario Biondi. Già allora si parlavo di fare qualcosa assieme, poi ci sono voluti molti anni per poterci incontrare nuovamente ed esaudire le nostre intenzioni. Finalmente abbiamo trovato il tempo per poter collaborare insieme e siamo felicissimi che tutto ciò si stia concretizzando.

Se dovessi spiegare a un bambino curioso cos’è la musica jazz, come gliela descriveresti?

Bella domanda! Nella musica è difficile spiegare le cose, bisogna farle e viverle per poter capire. Gli farei ascoltare più volte una melodia molto facile, conosciuta e orecchiabile come “tanti auguri a te”. Poi si può cominciare anche a giocare aggiungendo qualche nota in più, una sorta di prima improvvisazione per riempire e colorare una melodia. E’ un metodo che uso anche durante i seminari, è molto utile per riuscire a mettere qualcosa di personale in qualcosa che è già stato scritto.

Wanda D’Amico for Backstage Press © Copyright 2013-14. All Rights Reserved.

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