
Il programma europeo di training professionale TorinoFilmLab, dedicato in particolare allo sviluppo di storie per il cinema, che si declina attraverso una varietà di offerte rivolte a professionisti di tutto il mondo, ha tra le sue proposte anche quella dedicata in modo specifico all’adattamento cinematografico. AdaptLab è ormai già al suo nuovo via per il 2015, visto che la scadenza della “call for entry” per quest’anno è stata il 5 gennaio. Chi si fosse distratto troppo a causa dei festeggiamenti natalizi quindi dovrà aspettare la prossima occasione. Ad ogni modo ci sembrava interessante parlarne, dando voce, per così dire, a una delle controparti – giusto per offrire un punto di vista trasversale – su uno dei progetti sviluppati nell’ambito dell’ultima edizione, ovvero non a uno degli sceneggiatori-registi che hanno partecipato attivamente al programma di training, ma allo scrittore di uno dei romanzi proposti per l’adattamento.
Alessandro Marchi, che ha accettato di rilasciare una breve intervista sulla sua personale esperienza con AdaptLab, è nato a Bologna nel 1979 ed è l’autore del romanzo “Fegato e cuore”, pubblicato dalla giovanissima e interessante Casa Editrice BookSalad e scelto appunto per partecipare al programma AdaptLab dello scorso anno, conclusosi con il Meeting Event di Torino dello scorso novembre:
Come mai avete deciso di candidare “Fegato e cuore” al programma AdaptLab?
“Fegato e cuore” è stato il primo libro in assoluto della Casa Editrice BookSalad di Anghiari, pubblicato a Maggio 2012: siamo giovani e piuttosto naïf, al limite della sfacciataggine. Fare nuove esperienze e tentare nuove vie è nella nostra natura. Questa, poi, ci sembrava poter essere un’opportunità seria e concreta. Ci abbiamo provato, è andata bene.
Quali sono secondo lei le maggiori difficoltà quando ci si propone di trasformare un romanzo in un film, che ci si augura possa avere successo?
Enormi. Non per niente, quasi sempre, i lettori più affezionati ad un libro restano delusi dalla trasposizione cinematografica. Prima difficoltà, credo, sia quella strettamente legata al tempo. Il libro ha tutto il tempo che vuole per narrare la propria storia, il cinema no. In circa due ore devi condensare centinaia di pagine, che una persona impiega decine e decine di ore a leggere. Questo, sotto un altro aspetto, è un vantaggio per il cinema, ovviamente: chiunque può spendere due ore per vedere un film. In pochi sono disposti a spendere una settimana per leggere un libro, che spesso viene lasciato a metà. Oltre al tempo, c’è il ritmo. Sulla pagina scritta dare ritmo è difficile, senz’altro, ma è concesso anche qualche rallentamento (non troppi) prima che il lettore chiuda il volume. Al cinema se il film stagna lo spettatore si annoia. D’altro canto il film ha la straordinaria potenza dell’immagine dalla sua, rispetto alla parola scritta. Specialmente per i colpi di scena, un’immagine è più efficace. Altra difficoltà è quella di riuscire a mantenere uno stile narrativo che in qualche modo ricordi quello dello scrittore. Penso, ad esempio, a “La versione di Barney”. Un libro che ho adorato, con una narrazione vulcanica che è andata completamente persa nel film, una totale delusione. E poi, più pragmaticamente, i costi. Fare un film costa tantissimo e non è facile cambiare direzione se ci si accorge di andare in quella sbagliata. Anche lo scrittore fatica a liberarsi di quelle pagine scritte che non funzionano, ma in fondo basta un po’ di coraggio e il tasto “canc” per farlo.
Da scrittore cosa pensa del binomio editoria-cinema?

È un binomio che funziona perché fa gioco sia all’editoria, sia al cinema. Il mondo della pellicola ha nei libri ogni giorno pubblicati in tutto il mondo un bacino di storie potenzialmente inesauribile dal quale trarre film. Mentre l’editoria ha la possibilità di fare quel salto di quantità (quantità, appunto, non qualità) che solo attraverso il grande schermo è possibile. Il libro resta sempre lo stesso ma, se il film ha successo, può ampliare il proprio pubblico di lettori in maniera enorme – possibilità altrimenti preclusa. Sono assolutamente convinto che ogni scrittore dovrebbe avere l’ambizione e il proposito di portare la propria storia e il proprio messaggio a più persone possibile. Il cinema fornisce questa opportunità, per cui l’atteggiamento snob che a volte si registra nei confronti delle versioni cinematografiche dei film è del tutto fuori luogo. Anche se non ben riuscito, e succede spesso come ho detto, il film raggiunge comunque un numero di persone immensamente più grande di un libro – una piccola parte delle quali leggerà anche l’opera letteraria. Se quindi il film avrà fatto guadagnare anche solo un lettore, ne sarà valsa la pena.
Quali sono state le sue sensazioni rispetto al lavoro di adattamento del suo romanzo, presentato durante l’evento del TorinoFilmLab lo scorso novembre… e quali sono le sue percezioni rispetto agli eventuali prossimi sviluppi del progetto?
Luc Walpoth, lo sceneggiatore svizzero che ha curato il trattamento, è stato bravissimo. Sia nel lavoro alla scrivania che nell’esposizione pubblica ai produttori il 25 di novembre, durante l’evento TFL. È stato davvero emozionante vederlo parlare di “Fegato e Cuore”, pardon, “The Transplanted”. Ho avuto l’impressione, finalmente, che i miei personaggi fossero cresciuti e si fossero emancipati. Che, ora, stessero davvero camminando con le proprie gambe. Il film che si intravede dietro l’adattamento di Luc mi sembra molto rispettoso di quella che è la storia originale e il tema principale – la diversità – è rimasto. Sono contento. E sono contento anche di quella che sembra essere la risposta dei produttori: siamo in contatto con tre produttori italiani e un produttore polacco, e pare che l’intenzione sia quella di concretizzare un accordo per sviluppare integralmente la sceneggiatura. Non sono esperto di trattative commerciali in questo campo, ma spero che si riesca ad unire più forze possibili per portare “The Trasnplanted” sullo schermo. Tutti dicono che abbiamo bisogno, anche, di un produttore inglese. Se per caso qualche produttore d’Oltremanica ci sta leggendo quindi, si faccia avanti e lo accoglieremo a braccia aperte!
Grazie ad Alessandro Marchi per la sua disponibilità e ovviamente i nostri migliori auguri sia per “Fegato e cuore”, sia per la sua eventuale versione cinematografica “The Trasplanted”.
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