Ci troviamo in questo mese a percorrere un piccolo viaggio che ci porta negli Anni Ottanta alla scoperta di una corrente artistica nata un pò per caso. Il Graffitismo. Fenomeno pittorico alquanto appariscente, sviluppatosi negli Stati Uniti nei quartieri poveri della periferia di New York, come il Bronx e Harlem. Il tutto ebbe inizio quando gruppi di ragazzi giovanissimi si divisero in bande ed iniziarono a ricoprire di disegni i vagoni delle metropolitane. Disegni realizzati con bombolette di colore spray e che rappresentavano fumetti oppure dei logos (firme personali) nei quali era racchiusa tutta la loro filosofia.
Con il passare del tempo, alcuni di loro si fecero notare dai galleristi del momento e furono lanciati come artisti. Il risultato non fu dei migliori perché molti persero la spontaneità del gesto creativo ed entrarono a far parte di un circuito commerciale alla portata di tutti.
Gli unici che riuscirono ad emergere furono quelli che avevano alla base una buona formazione artistica per gli studi effettuati e per aver frequentato persone come Andy Worhol.
Il personaggio che fra tutti è riuscito a farsi notare è stato senza dubbio Keith Haring (Kutztown 1958 – New York 1990), il quale ha iniziato a tracciare il suo segno creativo negli spazi vuoti dei pannelli pubblicitari delle metropolitane.
Dipingeva con la scioltezza di un fumettista e le sue figure ricorrenti erano bambini, donne incinte, personaggi con la testa di cane e segni decorativi che riempivano ogni spazio vuoto. Un repertorio immaginario il suo formatosi guardando la televisione da bambino.
Eseguiva le sue opere senza ripensamenti, con bombolette spray e pennarelli su ogni tipo di superficie: pannelli pubblicitari, teli di plastica, totem, anfore e statue. I suoi segni traducono visivamente i ritmi della musica rap: la ripetizione ossessiva, la possibilità di inventare al momento e la libertà di esprimersi in ogni luogo.
Numerose sono le opere realizzate in giro per il mondo e tra i vari luoghi anche l’Italia può vantarsi della presenza di Haring nel 1989 per la realizzazione del murale“Tuttomondo” sulla parete esterna della Chiesa di Sant’Antonio Abate a Pisa. La parete è completamente piena di figure tipiche del suo linguaggio espressivo. Trenta figure concatenate tra loro, simbolo di pace e armonia nel mondo. Inoltre, in questo periodo è anche possibile ammirare un’altra delle sue opere: “Murale di Milwaukee” (1983) esposto a Chieti al Museo Archeologico Nazionale d’Abruzzo – La Civitella. L’opera è composta da ventiquattro pannelli in legno per un totale di trenta metri di lunghezza e due e mezzo di altezza. Un complesso di figure monumentali che permettono allo spettatore di entrare a far parte di quel mondo immaginario che Haring portò nelle gallerie dei musei di tutto il mondo.
Marica Crisci © Copyright Backstage Press. All Rights Reserved