Restando sull’onda dei fenomeni degli anni ‘60, un posto doveroso, lo trova De Andrè. Come ci siamo più volte detti sono gli anni di svolta per la musica italiana a 360° e dopo aver parlato di Gaber e Jannacci, senza alcun dubbio, Fabrizio De Andrè è uno dei massimi esponenti di questa svolta. Stiamo parlando di musicisti che scrivono brani senza molti giri di parole, con una grande linearità, un genere musicale che vede le parole nascere con la musica e viceversa. De Andrè in questo era un grande esperto,. A conferma di ciò: l’uso frequente, nei suoi brani, della ballata usata anche come forma per una delle sue canzoni più famosa la “Canzone di Marinella”. Le situazioni cantate sono quotidiane, i soggetti dei brani sono sempre presi in situazioni reali, gli oggetti (un cane di pezza o un sasso) diventano simbolo ed entrano a far parte della vita quotidiana ma con maggior spessore, come accade nell’ermetismo (che ha, in Italia, grandi esponenti proprio in Liguria). Da parte del giovane De Andrè che, inoltre, una grande ricerca e riscoperta delle forme dialettali. Il punto però, visto il periodo storico, è sempre lo stesso, i temi trattati senza troppi giri di parole sono quelli politici. Uno dei brani che esprime di più questo desiderio è La ballata dell’eroe, non ci sono dubbi, questa è l’altra faccia del boom economico, quella di chi soffre di chi vuole metterci la faccia per amore della verità.
Esprimevano, negli anni ’60 come adesso, la voglia ad una vita meno conformista e vuota, il desiderio di una vita più autentica, volevano amori più veri, più sinceri e, soprattutto, più liberi.
Dopo i primi anni di carriera arriva l’affermazione, come cantautore, ovviamente ma, soprattutto come poeta eccellente abile nel rendere palpabili quelle che sono tendenze del periodo, si ispira ai cantautori francofoni, riesce ad affrontare tematiche crude e dolorose sotto forma poetica ma con una semplicità popolare e alla portata di chiunque.
Incide i primi 33 giri, non moltissimi in realtà, come pochissime erano le sue apparizioni in pubblico. Incide Tutto Fabrizio De Andrè (riedito dopo qualche anno con il titolo La canzone di Marinella), seguito da Volume I, Tutti morimmo a stento nel ’68, Volume III nello stesso anno e l’anno successivo Nuvole barocche.
Importante resta il momento in cui scrive di getto il brano Preghiera di gennaio, brano scritto subito dopo la morte a Sanremo dell’amico Luigi Tenco, morto, presumibilmente suicida, nel 67. Il brano apre il disco Volume I.
La loro amicizia era fortissima, non nasconde la sua non credenza in Dio e a quest’ultimo scrive una preghiera concedendogli un posto in Paradiso con gli altri suicidi, condannati invece dai benpensanti e dalla Chiesa ufficiale.
Tra la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’70 furono, sicuramente, i più proficui. Inizia ad incidere una serie di concept album come “Tutti morimmo a stento” aperto dal brano Cantico dei drogati, tratto dalla poesia di Riccardo Mennarini.
E’ difficile racchiudere in un paio di pagine la carriera di De Andrè, intanto in questo articolo trovate diversi spunti di ascolto e ci torneremo sicuramente su per approfondire la storia turbolenta che ha fatto di De Andrè un ero dei nostri tempi più che dei suoi.
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