“Mine vaganti” è il nuovo singolo tratto da “#RisorseUmane”, il disco d’esordio di Mosè Santamaria uscito lo scorso dicembre su etichetta Dischi Soviet Studio che in questi mesi ha destato la curiosità del pubblico e degli addetti ai lavori.
Il brano è accompagnato da un video – disponibile da oggi su YouTube – realizzato tra il Lago di Fimon e Vicenza per la regia di Giacomo Capraro, che ha scelto di girare in un bianco e nero ad alta definizione caratterizzato da inquadrature leggermente rallentate.
Il protagonista del video – incarnato dallo stesso Mosè Santamaria – è un uomo disorientato e sognante, che vaga tra una natura onirica e una metropoli ritratta come un labirinto di cemento. Immerso nelle proprie illusioni e perplessità, viene costantemente guidato dalla sensazione che tutto ciò che lo circonda è una realtà illusoria figlia delle proprie proiezioni inconsce.
“Il significato del brano e del video – racconta Mosè – è che l’essere umano è fondamentalmente vittima e ostaggio di se stesso, delle sue convinzioni, del lignaggio familiare, di un clan che lo vuole in un certo modo per adempiere e realizzare un sogno che non è il suo. L’unica alternativa che apparentemente rimane è il venire considerato come la pecora nera di un dramma già scritto da generazioni in un copione prestabilito. Nel video ho voluto sottolineare l’importanza del peregrinare alla ricerca di quella coscienza intermittente capace di contrastare una realtà in precario equilibrio quotidiano”.
“Mine vaganti” è il secondo estratto dopo “I love you Marzano” da “#RisorseUmane”, disco di debutto di Mosè Santamaria. Il songwriter genovese, ma veronese d’adozione, riprende la lezione di cantautori come Franco Battiato e Juri Camisasca e di filosofi quali Jodorowsky e Gurdjeff portandoli in uno dei tanti bar della provincia cronica italica. Lì, fra il bancone e le stelle, sono nate le canzoni di un lavoro che si avvale della produzione di Martino Cuman (Non Voglio che Clara). Chitarre, piano e intelaiature elettroniche a base di beat digitali, synth analogici e squarci astrali sono gli ingredienti di una manciata di tracce animate da quello che Mosè chiama “misticismo quotidiano”: un misto di evocazioni spirituali, ironia, citazioni pop, poesia, storie d’amore distruttive, sottoproletariati catodici e molto altro. Il tutto per esortare le persone a “risorgere”, ricominciare a guardare il cielo e la terra e tornare a vivere come esseri cosmici.
Biografia
Mosè Santamaria, cantautore mistico quotidiano, nato a Genova svezzato a Talking Heads, Depeche Mode e The Cure.
Folgorato un pomeriggio a rientro a casa dall’asilo da “La voce del padrone” di Franco Battiato, comincia ad ascoltare le cassette sotto i sedili della R4 rossa dei genitori e i vinili riposti sopra le mensole in salotto, così in alto e sacri, come reliquie in un tabernacolo, un vero e proprio catechismo del cantautorato e del rock ’70 – ’80.
Un percorso di iniziazione onnivoro, la cui peculiarità è quella di confluire espressioni artistiche, mistiche e politiche differenti in un unico bazar di parole, immagini e suoni in un epoca benedetta dal “touch screen”.
Durante gli anni dell’università partecipa ad alcuni contest su Genova e Provincia per poi aprire diversi concerti di artisti locali come Claudia Pastorino e Acustico Medio Levante; ma il vero “battesimo del fuoco” avviene nel 2009 quando comincia a farsi le osse con i primi live nei circoli e nei locali della zona.
Nel 2011 si trasferisce a Verona e grazie a una manciata di esibizioni e comparsate incrocia Martino Cuman (Non Voglio che Clara) e Marcello Battelli (Teatro degli Orrori) coi quali collabora per la produzione artistica del suo Primo album: #RisorseUmane.
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