E’ uscito lo scorso 15 luglio su Garage Records / I Dischi del Minollo / El-Sop Recording Studio “Sancta Sanctorum“, nuovo lavoro dei NoN a due anni dal precedente “Sacra Massa”. Il titolo del disco, così come il brano “Bukowski piange”, prendono spunto da un racconto di Charles Bukowski e con il grande scrittore americano condividono sicuramente una certa radicalità d’intenti e la ferma volontà di non fare sconti ma di inseguire tenacemente una propria dura intenzione, come cani affamati, o come uomini d’oggi che hanno perso ogni possibilità di sacro.
“Sancta Sanctorum”, il santo tra i santi, la parte più sacra del tempio. Nell’ebraismo quella che custodiva l’Arca dell’Alleanza, la stessa il cui velo si squarciò quando Cristo morì. Dentro antichissimi segreti che per il trio fiorentino rappresentano il lato più intimo del loro essere. In un disco che rispetto al precedente “Sacra massa” (2014), più “politico” e rivolto all’esterno, tenta una spietata indagine interna, sui sentimenti, sulle paure e sulle instabili certezze di chi suona – e di chi ascolta, ovviamente.
Le dieci tracce di “SanctaSanctorum”
“SanctaSanctorum” è un lavoro capace di impregnare le anime con il suo nucleo pulsante oscurità e speranza, regalando traccia dopo traccia sorprese, momenti inaspettati ed enormi slanci lirici. Chi mai lo avrebbe detto di trovare in un disco dei NoN una canzone capolavoro delTrio Lescano quale è “Come l’ombra” (dalla colonna sonora de “Il conformista” diBertolucci) riletta a mo’ di ballad in odore di folk apocalittico e accompagnata da un videoclip, subito prima di una brumosa rotativa wave come “Ancora resto”. E chi avrebbe immaginato di commuoversi ascoltando da loro il già citato brano acustico (“Reti e pareti”) o di sentire il sangue e le costole vibrare di una salvifica sensualità su quella lunga suite d’amore intitolata “Sostanza” – che vede Luca Barachetti (Bancale, Barachetti / Ruggeri) firmare il testo e presenziare alla voce. Qui accade e c’è sempre un qualcosa di sacrale che rimane alla fine di ogni canzone, come se un faro, un faro livido, fosse costantemente puntato contro un qualcosa di Implacabile. Un qualcosa che riguarda la vita, l’amore e la morte e che a tutti ci governa. Nel tempio squarciato delle nostre esistenze.
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