SENGHE dal napoletano all’italiano assume il significato di “fessure”. Come nasce e cosa vedono gli Almamegretta attraverso queste fessure?
Nasce dal fatto che abbiamo visto per anni dei muri completamente compatti, muri di pensiero, muri di non volontà, questo muro di un conflitto nel bel mezzo dell’Europa. E’ come se fossero tanti muri, molto compatti che si scontrano tra di loro. La luce non riesce ad entrare perché non ci sono fessure, in napoletano più che fessura è spiraglio . Quando si dice arap na senghe è per far entrare uno spiraglio di luce o di aria. Questo è stato il nostro pensiero, l’idea che in queste mura siano necessarie le senghe e poi abbiamo ripreso anche una bellissima frase di Leonard Cohen contenuta in Anthem dice proprio che dalle fessure passa tutto ed usa il termine crack che in napoletano abbiamo tradotto con senghe.
L’album e’ stato anticipato dal singolo “Figlio”…che per certi versi è il destinatario dell’album, un contenitore che parla di ecologia, speranza per il futuro, un posto dove tornare ad essere umani. Cosa lasciamo ai nostri figli o più semplicemente ai giovani di domani?
Stiamo lasciando il peggio, del peggio, del peggio che avremmo potuto immaginare di poter lasciare qualche anno fa. Oggi vediamo che il nostro pianeta sta subendo un attacco massiccio, già lo subisce da diversi anni, ma oggi più che mai e questo ci porta pandemie, maremoti, tsunami, il cambiare del clima. Anche noi in Italia stiamo vivendo una stagione estiva terribile sembra una tortura più che una liberazione, fino a qualche anno fa aspettavamo l’estate come la stagione più bella, potevamo andare a mare, faceva caldo oggi è diventato un incubo. Tutte queste cose qui le lasciamo ai nostri figli, con delle chiusure terribili, vediamo crescere cose che non ci saremmo mai aspettati. Non mi sarei mai aspettato che la Corte Costituzionale degli Stati Uniti negasse il diritto di aborto nel 2022. Tutta questa roba qui ci spaventa.
Ci parlate della collaborazione con Paolo Baldini, il quale ha curato l’intero lavoro.
Paolo è un bassista e poi un dabbatore, non so bene come tradurlo in italiano. Esperto di dub, appassionato di dub che è appunto quella tecnica jamaicana che usa molti effetti sulla musica per intenderci. Questa è una cosa che noi abbiamo molto usato nella nostra storia. Paolo è un talento, uno che ci ha seguito da sempre, uno che per sua stessa ammissione ha cominciato a suonare ascoltando i nostri dischi quindi era il perfetto esterno ma interno per fare un nuovo disco.
Noi siamo un gruppo che dopo tanti anni abbiamo consolidato non solo una carriera ma anche una famiglia, spesso certe cose non ce le diciamo, soprassediamo, per esempio capita che uno di noi fa una cosa che ad un altro non piace non ce lo diciamo perché ci spiace, una voce super parte esterna ma al tempo stesso anche interna al gruppo ci serviva. Paolo è talmente appassionato a questo lavoro che adesso è diventato il nostro bassista suona dal vivo con noi ma è anche il direttore delle esecuzioni nel senso che ha proprio la responsabilità del concerto.
Ed invece della collaborazione con Danilo Turco?
E’ un giovanissimo artista che potrebbe proprio essere mio figlio, autore di testi, di canzoni, musicista, chitarrista, ci ha fatto ascoltare delle cose, tra cui tre canzoni tra cui Figlio che era proprio simbolico per introdurre il nostro lavoro. Un’altra bella collaborazione, è bello che non ci siano limiti alla nostra esperienza di collettivo o differenza generazionale. Tutto ciò ci piace molto.
I testi sono in diverse lingue, tra cui l’ebraico, come mai questo innesto?
Io ho vissuto in Israele cinque anni, l’ebraico l’ho imparato e mi piaceva ci fosse anche questa traccia. Noi fondamentalmente facciamo esperienza e poi portiamo la nostra esperienza nei nostri dischi.
All’interno dell’album troviamo anche una cover di un brano di Fausto Mesolella, è stata scelta anche per dedicare un omaggio a Fausto?
Sicuramente la scelta è stata fatta per fare un omaggio a Fausto, questo pezzo mi girava già nella mente in realtà era stato scritto per un altro cantautore Gianmaria Testa, lo abbiamo preso e l’ho proposto agli Alma per tributare il grande Fausto. Con Fausto ho condiviso tanto, abbiamo girato venti anni per il mondo, in duo voce e chitarra, abbiamo vinto una targa Tenco ed ho costruito con lui un’amicizia fraterna. Lui mi ha dato tanto, mi ha reso cosciente di un sacco di cose che potevo fare con la voce è stato anche un bravissimo produttore.
Quanto ha inciso questo periodo di pandemia sulla nascita del vostro ultimo album?
Sarebbe nato prima se non ci fosse stata la pandemia, ma se non ci fosse stata la pandemia avremmo anche fatto il tributo del venticinquennale di sanacore dove volevamo fare un bellissimo tour già tutto programmato. Questo disco lo abbiamo cominciato nel 2016 e doveva finire prima ma a causa della pandemia ha avuto un ritardo. E’ ovvio che abbiamo avuto spunti e se già volevamo fare un disco che girava attorno a problemi come l’ecologia, questa pandemia ci ha dato il “la” ancora più forte per parlare di queste cose.
Da poco è partito il vostro tour, com’è stato risalire sul palco?
Suonare è un po’ come andare in bicicletta, è stato emozionante come se fosse stata una specie di rinascita. Vedere il pubblico, il pubblico che addirittura si avvicina, quasi un tornare alla normalità. Anche se non si sa bene cosa bisogna fare veramente, io personalmente ho fatto tutto, tre dosi di vaccino, tutte le misure preventive ma andare poi oltre e continuare a lungo così significa morire poi di qualche altra cosa.
Che progetti avete adesso?
Questo tour andrà avanti fino a settembre, poi ci fermiamo. Il disco avrà uno sviluppo dub, più intellettuale e concettuale e lo porteremo in giro al chiuso il prossimo anno in una versione più elettronica.
Carmela Bove © copyright Backstage Press. All Rights Reserved