Le tue canzoni hanno da sempre un’impronta poetica, quanto è difficile comporle da un punto di vista metrico e quanto lo è stato per questo pezzo?
Abbi cura di me è stata la canzone in cui ho impiegato più tempo in assoluto per scriverla e soprattutto il testo, perché ogni verso, posso dire ogni singola parola è stata pensata, meditata, scelta con cura certosina.
E’ ovvio che per fare una canzone del genere, c’è bisogno di vivere quelle parole e di averle vissute intensamente per poi poterle restituire agli altri.
Ho scritto il testo insieme a Nicola Brunialti, uno scrittore di romanzi per ragazzi, con lui ci siamo trovati a discutere e ragionare su grandi temi che ci appassionano: la bellezza, la felicità, il perdono, la sofferenza, il senso del dolore, il superamento delle ferite.
Questo senso di separazione da qualcosa, noi veniamo al mondo, usciamo dalla pancia della nostra mamma, da quel tepore, da quella sensazione di essere in un luogo protetto e veniamo scaraventati nel mondo. In questo mondo che ti prende a schiaffi e ti da qualche carezza, in questa altalena rimaniamo imbambolati, altre volte restiamo sospesi. Una sensazione di nostalgia di ritornare all’unione, alla non separazione, tutto questo lo proviamo con l’amore della nostra vita, i nostri genitori, chi lo trova con Dio, con l’assoluto.
Questa canzone nasce come una sorta di manuale di volo per l’uomo, nasce per porre al centro l’uomo e la sua fragilità però allo stesso tempo la sensazione che tutti insieme possiamo far sentire di essere ancora forti, ancora possiamo credere di essere una comunità in cui ognuno con il proprio talento può contribuire alla felicità degli altri.
Abbiamo assistito alla presentazione di “Happy Next – Alla ricerca della felicità”. Quanto dovrebbe durare il documentario? Quante interviste avete fatto? Tra esse ce ne dovrebbe essere una speciale, puoi anticiparcela?
Abbiamo fatto un centinaio di interviste, con Andrea Cotti ed altri operatori sparsi in tutta Italia, a Milano, all’Aquila, vicino Roma, anche a Parigi e a Londra.
Abbiamo materiale immenso, ma la cosa che interessa di più è approfondire alcuni personaggi. Per esempio il monaco zen è una persona che ci ha regalato tante altre parole molto profonde, così come Mogol, Renzo Arbore, insomma personalità molto interessanti a cui dedicheremo nella realizzazione del documentario un giusto spazio.
Riguardo alla sua divulgazione non abbiamo ancora deciso come pubblicarlo, c’è l’interessamento di alcune televisioni che vorrebbero trasmetterlo una volta finito.
Riguardo l’incontro con Papa Francesco, ho ricevuto la promessa che avrebbe partecipato ed io credo che lui sia un uomo di parola. Quindi aspettiamo che ritorni dall’Oriente per poter fare anche a lui le stesse domande che abbiamo fatto ai bambini delle elementari.
C’è una felicità più astratta ed una felicità più concreta, come si può rimodulare il concetto di felicità quando capita di non poterla raggiungere?
Sono rimasto sbalordito dal fatto che ognuno da una definizione completamente diversa dall’altro, io sono sicuro che se affrontassimo altri temi come l’amore, la bellezza, il dolore o la sofferenza sarebbe la stessa cosa. La bellezza sta proprio nel fatto che ognuno, poi esprime quello che ha vissuto frutto anche della memoria e di quelle che sono le sue esperienze passate. Per me la felicità è lasciare comunque dei segni del nostro passaggio, dei segni che possono germogliare appunto come quel fiore di cui parlo nella canzone. Quel fiore che riesce a germogliare anche in mezzo alle difficoltà.
Nei momenti di sconforto della nostra vita, nei momenti brutti e bui dobbiamo pensare che ci siamo gettati alle spalle una manciata di semi ed anche se il nostro passaggio su questo pianeta verrà dimenticato molto presto, dobbiamo avere sensazione di aver lasciato una piccolissima traccia nel cuore della gente.
Hai intervistato diversi bambini, spesso molti di loro sono tristi a causa del bullismo o del cyber-bullismo. Cosa pensi di questo problema?
Il mio pensiero su questo argomento è che non si può chiedere ai ragazzi di essere diversi da quello che gli mostriamo noi, per cui loro sono lo specchio e sono la spugna di questa società. Non possiamo sentirci assolti dal loro comportamento, se vedono un mondo aggressivo è ovvio che ricalcano quel mondo, se invece vedono bellezza e serenità saranno dei bambini sereni.
La canzone di Silvestri è in questo senso, ovviamente, azzeccatissima e credo che sia un messaggio importante per chi non riesce a comprendere. Loro sono il nostro futuro, sono il futuro del pianeta.
Per te cos’è la felicità?
Ho perso mio padre quando avevo 12 anni, mi sono chiuso nella mia stanza ed ho cominciato a disegnare in maniera convulsiva, mi sono costruito un mondo parallelo di creatività. La fantasia, l’arte, che poi mi ha salvato la vita. Mi ha permesso di esprimere il mio mondo interiore ed anche il mio dolore e trasformarlo in bellezza. La mia felicità è questa: condividere con gli altri.
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