La storia incredibile di Gianfranco Franciosi, raccontata per la prima volta da Federico Ruffo nel libro di Rizzoli “Gli Orologi del Diavolo” è diventata di interesse internazionale dopo l’ampio articolo che gli ha dedicato il settimanale statunitense Time dal titolo “Italy’s Donnie Brasco Finds the Government Can’t Protect Him from The Mafia” e il lungo servizio della televisione francese CanalPlus intitolato “L’homme qui a infiltré les narcotrafiquants”.
Gianfranco Franciosi è il primo civile in Italia utilizzato come infiltrato per operazioni di polizia che, nel 2009, hanno portato al più grande arresto in ambito di narcotraffico dell’Europa Occidentale, smantellando il cartello spagnolo di Santiago de Compostela, una delle più grandi organizzazioni di spaccio internazionale di droga. I trafficanti si erano rivolti a lui nel 2007 attirati dalla sua abilità di meccanico navale di livello internazionale per farsi confezionare motoscafi velocissimi adatti ai loro traffici. Capito che un cliente sospetto di Franciosi era un membro del cartello, la polizia aveva suggerito al meccanico di accettare il lavoro per fornire informazioni preziose alle forze dell’ordine. Così Franciosi, senza essere un poliziotto, è diventato un infiltrato, il primo civile in Italia coinvolto in un’operazione simile. L’operazione sotto copertura ha portato a risultati brillanti, ma Franciosi ha dovuto registrare il crollo dei suoi affari e, soprattutto, soffrire, assieme ai familiari, una situazione di angoscia e paura mai alleviata dallo Stato che, soprattutto quando Franciosi ha deciso di uscire dal programma di protezione testimoni, non ha garantito al mago dei motori tutta l’adeguata sicurezza.
Sulle falle del programma testimoni di giustizia in Italia Franciosi si è più volte espresso e al Time ha confidato: “Spostare un uomo da un buco a un altro non funziona. I cartelli della droga possono trovarmi in ogni momento, ovunque io sia“. Il settimanale americano riporta anche le parole con cui il vice ministro dell’Interno, Filippo Bubbico, ha ammesso la presenza di tanti punti critici nella gestione dei testimoni e ha parlato della necessità di non limitarsi alla protezione, fornendo concreto aiuto.
Terribile la battuta del meccanico con cui si chiude il pezzo: “La mia unica speranza è che la mia ora scocchi il più tardi possibile“. L’incredibile storia vera di Gianfranco Franciosi sta per diventare anche un soggetto cinematografico.
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