Perchè la scelta di questo genere musicale in un paese come l’Italia, è un tipo di musica che si va a cercare, o ci si cresce in mezzo?
Archangel si può considerare un album abbastanza caleidoscopico in quanto a generi musicali.
Nei diversi brani si possono cogliere atmosfere etniche, di classica contemporanea, progressive, fusion sino ad arrivare, per esempio, a Beati Angeli che è un ingresso solenne di “musica sacra”.
Noi WA prestiamo più che altro attenzione a mantenere l’ originalità nella scrittura e nell’ interpretazione della nostra musica.
Parlando dell’ Italia, riteniamo sia molto ricca di talenti artistici e di realtà musicali di alto livello. Sono latitanti i canali main-strem dell’ informazione che dovrebbero far si che questa prolifica realtà arrivasse in modo più capillare su tutto il territorio. E’ un patrimonio preziosissimo del quale per la ragione di cui sopra molto pubblico non ne sta ancora usufruendo pienamente.
In quasi tutte le produzioni odierne si è quasi perso l’uso dello strumento suonato, introducendo musica elettronica. Succede anche nel caso specifico degli “WA”?
In rari casi utilizziamo l’ elettronica, e solo dove, durante la nostra produzione o in fase di arrangiamento, vi sia la necessità di ricercare quel tipo di sonorità.
Indubbiamente se gestite con criterio e gusto danno, quando serve, il loro apporto.
Devo però correggere quello che affermi nella prima parte della domanda.
Chi non utilizza lo strumento suonato è perché semplicemente non è un musicista. Sarò un po’ categorico. Ma non ci sono altre spiegazioni.
Come nasce il vostro gruppo, in che occasione vi siete incontrati, ed avete capito di avere delle sinergie in comune?
Noi WA ci siamo costituiti intorno al’98. Siamo in due, il sottoscritto, Roberto Cosimi al piano e tastiere e Eono ( Paolo Palazzoli ), basso elettrico, voce e chitarre.
Abbiamo entrambi sentito una forte sintonia che ha fatto nascere una grande amicizia, un legame che ci ha uniti anche nella vita.
Sul piano artistico abbiamo un’ alchimia che ci rende veramente complementari.
Questo è un aspetto che abbiamo rilevato sin dai primi brani che abbiamo scritto insieme.
Poi diversi anni fa ha collaborato con noi due, per la realizzazione della nostra opera rock, Peacegames, il batterista Elia Micheletto, di cui abbiamo immediatamente apprezzato la tecnica dello strumento, lo stile, e la sua preziosa sensibilità artistica.
Dopo diverse esibizioni in concerto, abbiamo potuto constatare che il trio nel live era estremamente performante e piaceva molto al pubblico.
Così decidemmo di realizzare una produzione discografica che avesse un taglio più strumentale, permettendo a questo organico di esprimersi al meglio.
E così è nato “Archangel”.
Come definireste il vostro stile musicale?
Nel nostro percorso compositivo ci siamo inoltrati in molte dimensioni musicali. Diciamo che con questo Cd, Archangel, che è pubblicato da Videoradio e distribuito Self, siamo approdati al jazz.
E dal nostro punto di vista nel senso più autentico del termine.
In quanto questo “live in studio” è caratterizzato, nonostante richiedesse un notevole impegno di attenzione, interpretazione e inter-play, propri del trio, da una fluidità che ha proprio il jazz quando è vissuto nella sua forma più vera di libertà espressiva ed emozionale.
“Archangel” ricorda qualcosa di spirituale, come e perchè la scelta di questo titolo?
Il titolo Archangel e’, per noi, e vuole rappresentare la parte più’ nobile della musica come Arte, in un contesto metafisico dove le risorse dell’ anima e della mente creativa si connettono con le sfere più alte del mondo celeste.
Esse si riflettono poi come uno specchio nel nostro mondo fisico, mostrandoci la verità più profonda dell’ uomo.
Avete alle spalle collaborazioni importanti. Cosa ha portato al gruppo ognuno di voi in specifico e diverso, del personale bagaglio musicale?
Ma, semplicemente un maggiore apporto di sonorità, che si esprime, sentendosi anche nel Cd, in virtù del back-ground personale di ognuno di noi tre.
E’difficile essere jazzisti in Italia? Esiste differente rapporto col pubblico di altri paesi del mondo confronto a quello italiano?
No, anzi, è uno dei settori più sviluppati nel comparto musica.
Sul piano del pubblico possiamo dire che dipende solo dalla preparazione e disposizione del singolo all’ ascolto di determinata musica.
E’ esclusivamente un fattore personale.
Anche in Italia abbiamo trovato un pubblico splendido, come all’ estero.
La curiosità mi prende…Un jazzista ascolta generi musicali del tipo “Pop” o “Rock?” E Cosa pensa un musicista jazz dei talent show?
Un musicista, se è, un autentico musicista, non può non essere attratto, con le dovute eccezioni relative al suo gusto personale, da ogni forma in cui la musica si manifesta. Un jazzista, nel caso specifico, che faccia fa Bi-Bop tutta la vita utilizzando e improvvisando sui pattern di Charlie Parker o Bud Powell, e rifiutando di mettersi in gioco in altri generi musicali, senza nessuno spirito creativo, dal nostro punto di vista snatura l’ essenza stessa del jazz. Purtroppo ci sono.
Chi rimane ancorato ad un genere specifico rischia di impoverirsi artisticamente.
Riguardo ai talent show….li rivaluterei se selezionassero solo ed “esclusivamente” compositori e autori dei propri brani in concorso.
Con giurie competenti. Li non se ne vede traccia.
E poi troppi interpreti “copia e incolla” in giro. E con quello che spendono si risanerebbe tutto il comparto musica in Italia!
C’è un mentore comune che vi ispira?
Se dovessimo pensarne uno che è in comune a tutti noi tre, la scelta cadrebbe sicuramente su Frank Zappa.
Porterete “Archangel” in tour…ci sono già delle date?
Sicuramente un tour è in prospettiva. Siamo in contatto con diverse agenzie per gestire booking e management. E poi, cosa estremamente importante, sono i festival sia in Italia che all’ estero.
A cura di Balena Blu, tratto da “Racconti di una Balena Blù”
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