Raiz, la mia musica immaginaria mediterranea

Almamegretta, ultimi lavori discografici DUB BOX volume 1 e volume 2. Attualmente work in progress per un nuovo lavoro, ancora sulla stessa linea?

ph: Alfonso PapaQuesti Dub Box nascono dalle richieste dei nostri fans che ci hanno richiesto la reinterpretazione di pezzi classici degli Alma e della loro lunga storia, in chiave più moderna. Insomma dei remix. Li abbiamo accontentati. In realtà ne chiedevano un paio, ma la scelta era difficile per cui abbiamo deciso di scegliere noi tra quelli che si prestavano di più al tipo di bit che volevamo usare. Li abbiamo remixati insieme a diversi dj della scena nazionale e internazionale.  

Quali sono i pezzi che avete rivisitato?

Sono vari e sono quelli più famosi dei nostri tempi tra cui: Maje, Fatmah, Nun te scurdà, sono i pezzi che più sono rimasti nella memoria dei nostri fans storici. Questo progetto voleva essere proprio un’antologia celebrativa dei tanti anni di carriera ed anche una scusa per differenziare un po’ il nostro concerto, farlo diventare qualcosa che stesse a metà tra un dj set e una performance live. E’ un live set, con molte sequenze, molti effetti, molta elettronica. Visto che ai nostri concerti il pubblico balla tantissimo, l’effetto lo abbiamo raggiunto. Cercate sempre di essere al passo con i tempiSi ci divertiamo, ascoltiamo sempre tanta musica, quindi ovviamente siamo ispirati. 

Che genere di musica ascoltate di solito?

Ascoltiamo di tutto, il nostro lavoro di musicisti è essenzialmente un lavoro di ascoltatori prima e poi anche quello di produttori di musica. Se non si ascoltano le cose che fanno gli altri rischi di vivere in un microcosmo tutto tuo. Possiamo anche avere delle cose bellissime ed innovative però ci piace confrontarci con quello che succede in giro.

Ascoltate anche la musica classica?

Dalla classica passando per il rock, raggae, soul, black music, musica dance…

Classica napoletana?

Classica anche napoletana, ma preferisco e mi diverto più cantarla che ascoltarla.

Prendi anche spunto da essa?

Sicuramente dalla melodia. Tutto quello che faccio dal punto di vista vocale più o meno parte dalla musica classica napoletana e più in generale dalla musica popolare campana, del sud Italia fino al resto del mediterraneo. Il nostro divertimento, la nostra scommessa è stata sempre quella di cercare di mettere insieme Napoli con il resto del mondo o almeno con il resto del mediterraneo.

Hai iniziato da Napoli, però ad un certo punto hai deciso di allontanarti dalla città e per un periodo ti sei trasferito a Londra.

E’ stata una scelta di tanti napoletani che ascoltavano musica e volevano vedere qualcosa di nuovo. Non è stata una migrazione economica anche se poi tutti noi andando li in qualche modo lavoravamo.Una migrazione di tipo “andiamo a vedere cosa succede fuori” per arricchirsi ed allargare i propri orizzonti culturali. 

Napoli è stata sempre una città cosmopolita

Lo è stata, ma devo dire che un pò si è fermata.

Da quanto tempo, secondo te?

Da un certo punto in poi, non ti so dire quando precisamente.ph: Alfonso Papa Napoli sta facendo il gioco che recita un po’ se stessa. Probabilmente da quando c’è stata la riscoperta del turismo verso Napoli. E’ stata una cosa ovviamente molto positiva, ha portato tanto lavoro, tanta attenzione verso la città ma con l’arrivo del turismo di massa Napoli ha perso molta della sua spontaneità e identità.Oggi tende a replicare un po’ se stessa e a riprodurre cose viste e riviste e questo implica il rischio di non evolversi più. Sei bloccato da quello che stai vendendo, se tutti chiedono solo la pizza margherita un altro tipo di pizza non lo inventi. Tutto ciò per i napoletani è un po’ frustrante. Capita che ti siedi in un ristorante del centro storico dove l’unico napoletano sei tu e osservi che è una realtà tutta finta, sembra di stare in un film o in una fiction su Napoli.  

Anche musicalmente?

Musicalmente no, Napoli da questo punto di vista è inarrestabile perché comunque è un laboratorio che inconsciamente fagocita roba a morire.Per esempio tutta l’ondata nuova del rap. Ascolti il prodotto nazionale lo senti e dici “vabbuò”, sembra molto edulcorato, non c’è niente da fare. Poi ascolti i napoletani e “mamma mia” sono una cosa vera. Se il rap parla di ghetto, quartieri, malavita chi meglio di noi può parlare di queste cose? Nel bene o nel male quando i ragazzi napoletani approcciano a questa cosa, nel linguaggio e nello stile sono proprio come gli americani. E’ come se noi fossimo una punta di non Europa nell’Europa. Questa peculiarità dal punto di vista musicale e culturale ci rende meno omologati. 

Anche gli inizi degli Almamegretta, sono stati un po’ così.

Si vero, io sento i ragazzi di oggi molto simili a noi, naturalmente diversi musicalmente ma nello spirito l’approccio alla cosa è simile al nostro. E’ come prendere una cosa che già esiste, mangiarla, digerirla e sputarla in un altro modo e completamente diversa ma continua ad essere quella cosa li. Noi come generazione abbiamo rotto un argine. Tutto quello che succede adesso; l’utilizzo di un certo tipo di bit, musica, ritmo, elettronica si può fare anche grazie a quelli come noi che sono riusciti a mettere insieme un pò tutto, quando in Italia la musica era solo pop italiano o pop melodico napoletano.

 Ti senti considerato nel resto d’Italia ed anche all’estero?

Certo, ho fatto tante cose, è chiaro non ho mai fatto numeri altissimi nelle classifiche ma sto in tante cose. Ho una carriera di venticinque anni in cui ho fatto praticamente di tutto. Ultimamente sto lavorando bene anche nel cinema.Come attore?Si anche come attore. Ultimamente ho partecipato ad una fiction che si chiama “mare fuori” che andrà in onda sulla rai questo inverno. Faccio una piccola parte di un personaggio importante ed ho fatto un bel po’ di colonna sonora.

Come definiresti il tuo genere musicale?

Sicuramente è un genere mediterraneo, lo chiamerei o soul mediterraneo oppure musica immaginaria mediterranea nel senso che non è una cosa vera ma sta soltanto nella mia immaginazione. La matrice di tutto è sempre la musica nera, il modo di cantare il soul, il blues, la musica napoletana è arricchita da tantissime cose. Partendo dal mondo napoletano mi allargo anche verso l’oriente e il medio oriente, che comunque è un’alta parte del mondo che mi è sempre interessata. Avverto tantissime similitudini. Oggi in tempi in cui sembra che i confini si vogliano chiudere il mondo dovrebbe aprirli sempre di più perché la convivenza, la coesistenza e la pace sono importanti.

Quello che ci accomuna è la musica

Certo, il modo di sentire.

Tantissime le collaborazioni: Pino, Avitabile, De Sio, Gragnaniello. Chi tra loro ti ha dato di più e chi ritieni più importante?

Tutti mi hanno regalato qualche cosa, sono tutti musicisti di grande spessore e di grande anima. Tutti mi hanno regalato qualcosa ed io ho dato qualcosa a loro.

Il mio preferito è Enzo Gragnaniello, lui scrive delle cose talmente emozionanti che mi toccano e con lui siamo molto amici, c’è molta stima artistica e ci divertiamo.

E’ sempre emozionante cantare con lui e cantare le sue cose è bellissimo.

Bellissima anche l’esperienza con Enzo Avitabile, abbiamo suonato insieme in Sud America.

Poi chiaramente Pino, con lui si ferma l’orologio ed anche di più.

Teresa De Sio, l’unica donna

Grande amica, abbiamo fatto tante cose insieme. In un momento difficile della mia vita mi ha ospitato nei suoi concerti. Quasi ogni sera, in tutto il suo tour “a sud a sud” andavo a suonare con lei facendo quattro-cinque pezzi.

Questa cosa mi ha molto aiutato, in un momento di transizione della mia carriera quando non sapevo cosa fare. Lei mi ha saputo dare dei consigli prima da amica e poi professionalmente.

Mi sono molto divertito, senza responsabilità visto che il concerto non era il mio. Quell’esperienza mi ha portato da un’altra parte e da li ho ricominciato in qualche modo altre cose.

Lei ha scritto per me anche un pezzo molto bello ‘o paraviso ‘nterra, che lei stessa ha ripreso in un suo album.

Mesolella?

Eh Mesolella. Prima di conoscere Fausto Mesolella avevo un mio modo di cantare, poi dopo sette anni che ho lavorato con lui, dopo aver avuto l’onore di condividere il palco con lui in un progetto voce e chitarra – Dago Red– il mio modo di cantare è molto cambiato. Fausto è stato un produttore, che è riuscito a tirar fuori da me quello che non sapevo di saper fare.  L’ha fatto in maniera socratica, senza quasi dirmi niente. La sua chitarra è stata un’orchestra per me e la sua amicizia è stata come avere il fratello più grande che non ho e che magari mi sarebbe piaciuto avere.

L’incontro con i Massive Attack?

Ph: Alfonso PapaMolto semplice, stavamo facendo il nostro primo album Anima Migrantecon un produttore di Bristol, Ben Younge venne fuori che lui conosceva bene i Massive. Siccome sapeva che uno di loro è di origine napoletana, finito il nostro lavoro lo ha portato a Bristol e lo ha fatto ascoltare.  Naturalmente è piaciuto e sono venuti a Napoli e abbiamo iniziato delle collaborazioni.

Ci siamo frequentati molto negli anni ed abbiamo fatto diverse cose insieme, ogni volta che venivano in Italia ci hanno quasi sempre fatto aprire i loro concerti e stiamo anche pensando di fare un’altra cosa insieme.

Progetti?

Ho un progetto nuovo con gli Almamegretta, un disco per il prossimo anno, molto concettuale tra dub, sperimentazioni e natura…natura intesa come ambiente e musica.

Poi sto pensando ad un disco mio, sto raccogliendo materiale e mi farò anche scrivere qualcosa, ho chiesto collaborazioni, mi piace cantare canzoni degli altri. Sto raccogliendo un po’ di cose, vediamo.

Da poco sei diventato papà.

Una cosa che mi mancava, sono papà di una splendida bambina che ha nove mesi. Una grande gioia ed un grande divertimento.

Questa cosa ti ha ispirato un pò nei tuoi progetti?

Si, anche se non lo so se scriverò una canzone esplicitamente per lei. Sono dell’idea: “manc è natà già l’è miss a faticà” (si scherza). Appena arriva il figlio subito esce il singolo.

Più che un brano tante mie cose sono e saranno dedicate a questa bellissima esperienza.

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