Da musicista a Direttore d’Orchestra durante questo processo più le responsabilità o le emozioni?
E’ una domanda anomala perché è tutta la vita che studio per essere direttore d’orchestra ed essere musicista e continuo a farlo. Detto questo sono direttore d’orchestra da quando ero bambino.
Non è che ti passa, si è sempre musicisti ed il mestiere di direttore d’orchestra è il mio mestiere. Mestiere fatto principalmente di gratitudine e di responsabilità verso l’altro. E che prevede 10 volte il lavoro degli altri.
Ogni strumentista ha la sua peculiarità che suoni il violino, che suoni la viola, sia il primo violino o l’ultimo dei primi, non c’è uno più bravo dell’altro, quelle tra musicisti sono identità e differenze che compongono una società ideale
La mia natura è quella di essere direttore d’orchestra, il quale deve essere diplomato almeno in due o tre strumenti ed in composizione, da lì poi può muovere la bacchetta.
Verso quale strumento ti senti più propenso?
Non è che mi sento più propenso, ho dovuto studiare il contrabasso per ragioni di povertà di famiglia ed allo stesso tempo perché alla mia accademia bisognava studiare uno strumento ad arco. Ho studiato il pianoforte da quando avevo quattro anni, ho studiato il fagotto, ho studiato canto lirico. Il punto è che a me piace studiare. E la base del mio mestiere è continuare a farlo.
Il mio maestro diceva: “vuoi suonare tutti gli strumenti? C’è un solo modo per farlo. E’ dirigere”. Mi piacciono tutti, dal triangolo alla bombarda.
Nei riguardi della musica ti senti più interprete o esecutore?
Mi sento interprete nel senso più profondo del termine cioè colui che sparisce amando e rispettando il testo.
L’esecutore è colui che esegue e c’è, io cerco di sparire e lasciare spazio al testo.
Il direttore è sostanzialmente un medium degli altri.
Il silenzio è musica.
Il silenzio è la parte fondamentale della musica.
Esiste un brano di John Cage che è perfino basato sul silenzio e sul fatto che questo silenzio sta dentro di noi e non fuori. E’ quello che dà spazio al suono.
Il silenzio non esiste, ma è un gesto e senza quel gesto non c’è musica. L’unica acustica dove non ci può essere la musica è dove tutti fanno rumore.
Ti capita spesso di essere in silenzio?
Più che posso. Il silenzio aiuta ad ascoltare.
Ami il silenzio, ma sei anche una persona molto rock.
In cosa? Dai vestiti? Il rock mi piace ma amo Beethoven, Ravel, credo fondamentalmente nella musica classica, anche se più che classica, andrebbe chiamata libera. Perché è libera dai mercati e libera le menti e le anime.
Rock nel senso che sei molto avanti nelle cose che fai.
Noi musicisti classici siamo sempre più avanti degli altri, non ci uniformiamo alle musichette che ci sono adesso, i così detti tormentoni estivi.
Anche Beethoven al suo tempo non poteva essere definito “classico”, lui era molto più avanti, anche oltre il romanticismo.
I veri punk sono i musicisti classici, lo sono sempre stati, da tutta una vita. Essi sono i veri rivoluzionari, al contrario di chi insegue il mercato, ad esempio, e deve per forza uniformarsi ad esso.
A volte, però, la musica classica viene vista come un qualcosa di troppo serio
Quello è un pregiudizio e non a caso passo il tempo a cercare di spiegare di non avere pregiudizi.
Troppo seria, troppo lunga, tutti questi “troppo” sono i pregiudizi sciocchi degli esseri umani e stupidi di chi glieli ha dati.
Ci viene, però, trasmessa in questo modo
Un po’ ci viene trasmessa ma noi siamo abbastanza grandi da provare ad essere curiosi, altrimenti saremmo tutti ad ascoltare e fare solo quello che ci viene detto dagli altri, invece il nostro ruolo crescendo è comunque quello di essere curiosi.
Un’umanità senza curiosità è un’umanità chiusa in se stessa, schiava, destinata A estinguersi. Estingue proprio il suo essere umana.
Il suono fondamentalmente è un tempo. Riesci a gestire il tuo tempo?
I musicisti sono i padroni del pozzo nero del tempo per eccellenza.
Se si intende il tempo di vivere no, la vita non può essere regolata dal tempo.
Come dico sempre, il tempo è una linea retta la vita invece è un qualcosa che ha alti e bassi, si interrompe. Pretendere di gestire il tempo della propria vita è solo presunzione.
Il mestiere di un musicista è quello di maneggiare il tempo. Il tempo è una materia che in musica diviene tridimensionale e la musica è l’unica forma che riesce a far durare un minuto un’eternità e viceversa un’eternità un minuto.
Il tuo essere bambino in musica?
Cerco di vivere senza filtri. Come dico sempre ad un certo punto me li hanno tolti e non li ho più cambiati. Mi prendo cura e responsabilità degli altri ma ciò che provo, i miei sentimenti emergono come in un bambino. Non vedo perché debba nasconderli. Se sto bene si vede, se non sto bene si vede, se sono felice si vede. Nasconderlo è ipocrita.
Sei sempre felice?
No, sono anche infelice e sono anche arrabbiato. Mi arrabbio, mi stanco, mi deludo. Sono una persona normale.
Quella bacchetta ti aiuta tanto però
Aiuterebbe chiunque. Lo studio, l’approfondire, essere curiosi e poi avere la fortuna di avere l’accesso continuo alla musica aiuta.
Lo studio e la disciplina sono tutto se vuoi salvarti. Se pensi soltanto a suonare in base ai tuoi limiti e ad auto riferirti non arriverai da nessuna parte.
Se invece pensi a studiare, ma non solo in musica, il tuo mondo viene salvato dalla conoscenza. Ogni giorno anche quando hai male lo fai perché hai bisogno soprattutto perché ne hai necessità. Perché ti libera.
Come mai dirigi senza partitura?
Non sono l’unico. Perché l’ho studiata e la so a memoria, ogni singola nota di ogni singolo strumento.
Per la mia scuola un vero direttore dirige senza partitura. E se non andavi a lezione di memoria non facevi lezione.
Allora ti hanno fatto studiare tanto?
Mi hanno fatto soprattutto felice. Ero avvantaggiato perché fin da bambino ho avuto una memoria eidetica e quindi ricordo tutto. E sono sempre stato anche curioso. Imparare a memoria una partitura ma anche una poesia è una cosa bellissima. Dopo nessuno te la può rubare, diventa parte di te.
In musica riesci sempre ad essere te stesso?
In musica sono me stesso sparendo e quindi non essendo più esattamente me stesso. Io rispetto ciò che sono divenendo tutto ciò che mi circonda partendo dalla partitura, la preparazione di un concerto è esattamente questo: ricercare molto approfonditamente su ogni nota, sul perché della nota, sul compositore, faccio ciò finché non sparisco. Un interprete è colui che non esiste più e diventa il testo che condivide e moltiplica. E’ questo quello che voglio da me stesso.
Il maestro Claudio Abbado, dovendolo definire con una sola parola?
Luce.
Il 28 agosto alla Reggia di Caserta, dirigerai sulle composizioni di Johannes Brahms, Antonìn Dvoràk, Maurice Ravel, l’Orchestra Filarmonica Giuseppe Verdi di Salerno.
Sarà un concerto che vuole essere un inno al movimento, allo spostarsi, all’andare lontano ad immaginare una terra, un suono. Sarà un muoversi soprattutto dentro. Si parte da Brahms, per capire Dvorak e l’America e approdare infine col Bolero di Ravel. Si parla di amicizia, di eredità, la musica è questo. La musica siamo noi e come sempre io cercherò attraverso essa, con la mia ricerca e l’impegno assoluto mio e dei miei colleghi, di andare lontano, verso quella parte più profonda che poi, se ci pensi, chiamiamo ‘umanità’.
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