Chi è Alessandro Errico?
Bella domanda, sono circa quarant’anni che me lo chiedo. Diciamo che più di chiedermi chi è, mi chiedo cosa posso diventare ed è questo che forse mi spinge ad andare avanti mi vedo più come qualcosa che si evolve.
“Il mio paese mi fa mobbing”, come nasce e perché questo titolo?
Nasce inevitabilmente da un fatto personale, c’è sicuramente un aspetto autobiografico. In questi quindici anni, dagli ultimi dischi che ho pubblicato negli anni novanta ad oggi chiaramente non ho campato d’aria ed ho sperimentato sulla mia pelle quella cosa che continuiamo ostinati a chiamare crisi, come se fosse una cosa passeggera. Ho sperimentato la precarietà, l’essere un ragazzo, un giovane di questo paese che tenta di esprimersi e di fare quello in cui crede.
Ho cercato di fare un’istantanea della condizione, in cui non è tanta la paura di costruire un futuro ma proprio l’immaginarlo.
Accanto alla guerra che conosciamo tutti, quella con le armi oggi se ne combatte un’altra che è quella della disperazione del padre che perde il posto di lavoro, della crisi. Secondo te cosa c’è dietro questo mondo precario?
Sicuramente c’è una volontà, non sono affatto un fatalista, ho un approccio molto politico e terrestre alle cose. So che in fondo è un problema di interessi e di poteri in cui sicuramente se una parte larghissima della popolazione soffre ed una piccolissima parte gode evidentemente c’è un problema di distribuzione di risorse e di ricchezze. Oltre questo, poi c’è un problema soggettivo si sono persi una serie di riferimenti per cui ovviamente ci si ritrova da soli ad affrontare un problema gigantesco come una crisi devastante e questo non permette neanche di sognare, o provare ad immaginare una possibilità di risposta.
Qualche anno fa ai partecipato al Festival di Sanremo come concorrente, quest’anno ci sei ritornato ma con un’esperienza particolare “Sanremo per forza”, come è nata questa iniziativa?
E’ nata un po’ per gioco ed un po’ per fare sul serio, dopo che è emerso che la scelta di quest’anno, da parte dei selezionatori, era di fare un festival solo ed esclusivamente con le canzoni d’amore o che parlavano d’amore, cercando di fare qualcosa chiaramente coerente con quello che dico ho presentato una canzone come “il mio paese mi fa mobbing” che, assolutamente in modo pacifico, non era stata presa però poi per il fatto che si fosse scelto di fare solo canzoni d’amore mi sembrava una cosa un po’ difficile da digerire sia come libero cittadino, nel senso che al festival di Sanremo si debba considerare come zona franca in cui la libertà deve entrare solo sotto forma di spettacolo ma sia anche come musicista, perché mi sembrava una forma di censura preventiva. Tutto ciò che parla del mondo e della realtà non va bene, solo amore e sentimento. Volevo replicare a questa cosa cercando di essere coerente un pò con lo spirito della canzone usando con ironia e non andare al muro contro muro facendo i soliti contro festival che tutti gli anni più o meno ci straziano. E’ nata Sanremo per forza che è stata un’operazione mediatica, ho cercato di creare un po’ un cortocircuito tra realtà e finzione, portando la realtà a Sanremo facendo in modo che alla fine una canzone dura e provocatoria come “il mio paese mi fa mobbing” arrivasse addirittura a vincere, così i giornali pubblicavano veramente questa notizia credendola vera ma in realtà erano dei finti scoop giornalistici che dei vostri colleghi hanno fatto partecipando a questo gioco. L’obiettivo era portare la realtà a Sanremo.
Secondo te, c’è mobbing anche nella musica?
Nel senso metaforico sicuramente si, nel mondo della discografia – a parte che parliamo di un fantasma, nel senso che non esiste praticamente più – quando facevo il musicista negli anni novanta si pubblicavano cd, oggi facendo il musicista e pensare di pubblicare dei cd è una cosa un po’ anacronistica. E’ cambiato un po’ tutto il sistema e la discografia non è stata in grado di stare indietro facendo una lotta pellegrina per decenni contro internet come se li fosse il male. Il problema c’è oltre a questo che si è adeguata, genuflessa di fronte alla televisione, lo spettacolo dei talent. Come se questi ultimi non fossero un’alternativa ma fossero l’unica via d’uscita. E’ chiaro che facendo così la musica assume un ruolo abbastanza marginale e la discografia che di musica dovrebbe vivere resta fuori.
Se invece ci fosse la possibilità di tornare indietro, cambieresti qualcosa nel tuo percorso artistico?
A livello puramente teorico, tantissime cose. Chi non cambierebbe qualcosa nel proprio passato. Questi, però, sono i classici giochi che lasciano un po’ il tempo che trovano anche perché se guardo io quello che sono oggi nel passato troverò tante cose da cambiare, ma il soggetto che guarda è comunque la somma di quegli errori quindi probabilmente non potrei esserne consapevole se non fossi arrivato a quello che sono oggi.
In fondo il tuo percorso è stato un po’ controcorrente rispetto al discorso che facevi prima sui talent. Dopo Sanremo vendevi centomila copie del tuo album, ma hai preferito di fare una pausa per poi ricominciare rispetto al vivere sull’onda di quella esperienza
Si sono consapevole di essere andato un po’ contro mano, sicuramente è così. La cosa che in fondo, poi alla fine mi ha mosso è un puro istinto di sopravvivenza non ho neanche la consapevolezza delle scelte che ho fatto; quella vera l’ho avuta dopo. In quel momento semplicemente sapevo che se volevo sopravvivere mentalmente, se volevo mantenere le cose che pensavo mi rendessero anche migliore dovevo liberarmi di un percorso che non riuscivo più a gestire in un sistema che era molto pressante. In quel momento avevo 19 anni, avevo bisogno di capire ed avevo avuto la presunzione di dire mi posso fermare tranquillamente.
Prima hai citato il mondo del web, com’è il tuo rapporto con esso e gestisci direttamente tu le pagine che ti riguardano?
Si, si assolutamente. Mi danno una mano per le cose più ordinare, per la parte degli appuntamenti. Lo gestisco personalmente e cerco di farne un uso come dire intelligente, dico sempre che stare sul mio profilo è difficile che trovi il cappuccino ed il cornetto la mattina, non è la quotidianità più spicciola, mi interessa del social network la possibilità che da alla fine è un mezzo di comunicazione, la possibilità di lanciare delle schegge o comunque di accendere delle lampadine.
Quali sono gli impegni ed i progetti futuri di Alessandro Errico?
Sicuramente continuare a raccontare quello che il mio paese mi fa attraverso questa canzone, poi ce ne saranno altre e sicuramente una tappa sarà quell’anacronistico ma ancora necessario cd. Dopo di che tanti concerti. Una cosa i social network l’hanno sicuramente fatta molto positiva, il fatto di aver annullato molto le distanze. Una volta qualsiasi cosa facevi dovevi o andare in televisione o andare in radio a dirla oggi chi ti segue ha la possibilità di sapere quasi in tempo reale cosa fai.
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