Quando hai cominciato ad avvicinarti alla musica e quando hai capito che la musica poteva rappresentare qualcosa di importante nella tua vita?
Mi sono avvicinata da piccolissima, avevo sei anni, dopo che i miei genitori regalarono a me e mia sorella una tastiera, chiesi di poter frequentare una scuola di musica e li ho cominciato a prendere lezioni di pianoforte e, un pò per volta, tutto quello che c’era in quella scuola; canto, musica d’insieme, ecc
In realtà è sempre stata una passione molto forte ed io ho sempre desiderato fare questo mestiere, non c’è stato un momento preciso in cui ho capito, forse quando sono arrivati i primi riconoscimenti.
Le vicende artistiche ti hanno portato a vivere a Roma ma non hai mai perso di vista le tue origini; basti pensare al ritornello in dialetto nel brano presentato a Sanremo, alla stessa “Movidindi”. Ci racconti il legame con la tua terra e quanto ti manca?
A mancarmi, mi manca tantissimo ma proprio tantissimo. Ultimamente ho una necessità fortissima di tornarci, anzi spero prima o poi di poter ritornare proprio a vivere in Sardegna.
Io a diciannove anni ho fatto le valigie e sono andata via di casa, perché sapevo che essendo propriamente un isola non poteva permettermi di incontrare persone, di fare determinati lavori, purtroppo, proprio perché c’è il mare di mezzo. Per cui molte cose sarebbero state limitate.
Ho continuato a portarla sempre con me, con molta nostalgia come accade da parte di persone che provengono da terre così radicate.
Però devo dire che l’ho riscoperta davvero quando ho preparato la mia tesi di laurea in etnomusicologia sui canti facenti parte della tradizione tipica della Sardegna. Per scriverla sono dovuta ritornare sull’isola, intervistare i vari personaggi di questa tradizione; è stato proprio in questo momento, circa tra anni fa, che ho riscoperto la mia terra e li è partita la voglia e la necessità di inserirla anche nelle mie canzoni perché penso che dia un po’ più di veridicità a tutto ciò che voglio dire. Perché esprimo qualcosa di primitivo, di passionale, di terreno che la lingua sarda fa intuire anche a chi non la comprende al primo ascolto.
“In equilibrio” è un album che racconta l’equilibrio della vita, quel filo che tiene tutti sospesi e che se, da un lato può farci all’improvviso cadere, dall’altro può farci volare e continuare a sperare. Cosa è l’equilibrio per te e soprattutto la tua vita è in equilibrio?
In equilibrio? Mah, è alla ricerca dell’equilibrio, perché io non so se lo troveremo mai questo equilibrio. La canzone parla proprio di questo continuo camminare ed il trovarsi sempre in bilico tra una caduta ed un volo che poi è un po’ il senso della vita in questo momento; perché per tutti dagli artisti alle persone che fanno un lavoro normale tutti stiamo vivendo questa perenne incertezza. Penso anche che questo momento di incertezza porti, se noi lo vogliamo davvero a ritrovarsi un po’, si va alla ricerca di ciò che si è veramente, per poter sopravvivere bisogna fare solo ciò che si è in realtà per cui torniamo ad essere noi stessi.
La mia vita è in continuo equilibrio, sia umore, che vita, che gioie, che dolori ed il disco lo racconta un po’ questo dalla vita circense a quella della nostalgia di una terra lasciata, quello del viaggio costante alla ricerca di quello che si è ma con orgoglio.
“Mai, mai” il tuo ultimo singolo, chiude un percorso di conoscenza cominciato con “in equilibrio”, ci parli dell’idea del brano e della simbologia scelta per il video?
Devo dire che sono molto fortunata perché è una canzone scritta da Lucio Dalla e Attilio Fontana ed è una canzone molto particolare perché parla di due generazioni di donne che si trovano a confronto, in cui una donna più matura cerca di spiegare la vita ad una giovane donna; cerca di raccontarle gli errori che non dovrebbe mai commettere per vivere in maniera migliore o comunque in maniera più serena ed il video che ho realizzato insieme agli embrio.net, che sono il collettivo artistico che ha realizzato tutti i miei video, è un video che abbiamo volutamente deciso di fare in questa maniera cioè la nudità che abbiamo utilizzato e, diciamo, descritto nel video rappresenta per noi il filo conduttore anche con la libertà che volevamo rappresentare in “Movidindi”, però in maniera più intima, cioè il corpo nudo completamente senza malizia sta a significare la verità e la purezza di una donna che decide di mettersi completamente a nudo per urlare e dire che in realtà noi siamo queste senza nessun tipo di timore, con gli errori che facciamo, con i nostri difetti e con i nostri animi. Dalla donna di cinquant’anni alla bambina di tre anni che ha deciso di rappresentare queste tre generazioni.
Nella composizione di un brano, per te, è più importante il testo o la musica? E come si fondono tra loro?
Entrambe le cose, non c’è una cosa più importante dell’altra. Sono due componenti che si completano, sono complementari. Non possono essere a se stanti, a volte si parte dalla scrittura della musica a volte dal testo. Ogni musica scritta, appartiene al testo che si sta ascoltando.
Invece tra musica e danza? Ci parli del progetto “E balla balla”?
L’incontro tra musica e danza per me è una cosa bellissima, totalmente nuova perché, una folle donna che si chiama Valeria Vallone direttrice di una accademia di danza e spettacolo di Latina che si chiama l’anfiteatro, ha deciso di fare questo folle esperimento, creare uno spettacolo di danza contemporanea su tutte le musiche di “In equilibrio”.
Devo dire che vedendo le prime prove e vedendo ciò che sta venendo fuori da questo spettacolo mi sono emozionata molto perché non avendo personalmente io grandi rapporti con la danza ho provato una fortissima emozione, vedevo attraverso il corpo di queste ragazze l’espressione che io invece avevo dato alle mie canzoni con la voce. E’ uno spettacolo che andrà in scena a giugno e che attraverso la danza contemporanea racconterà un po’ non solo la mia vita ma la vita di tutte quelle giovani donne che decidono di partire ed intraprendere la loro vita e cominciare a vivere la loro vita.
Tornando alla musica, dopo lo studio di registrazione arrivano i live. Qual è il tuo rapporto con il palco e con il pubblico che viene ad ascoltarti?
Il rapporto con il palco e con il pubblico è la prima cosa per me, la cosa fondamentale, mi rendo conto che mi sento viva solo nel momento in cui sono là e vado a cantare dal vivo, perché lo studio di registrazione è un qualcosa in cui se sbagli puoi ripetere, come dire è sempre qualcosa di asettico tra virgolette anche se in maniera relativa, invece quando si sta sul palco –anche in questo caso- si sta completamente nudi è tutto totalmente immediato ed emotivo ed a secondo del pubblico che ti trovi davanti hai una reazione diversa. Amo molto il mio lavoro sui live, perché so che ho una necessità io e penso che anche il pubblico abbia una piccola necessità di sentirmi live.
Questo tuo sentirsi viva lo si evince anche dal tuo rapporto col web, le tue pagine ufficiali sono seguite direttamente da te ed è facile vedere post o foto di momenti “quotidiani” di te.
Assolutamente si, questa cosa mi piace perché ho il contatto diretto con le persone che mi seguono ma anche con le persone che sono mie amiche. Siamo persone normali, condividiamo la vita con persone più vicine ma anche con persone che non conosciamo e che decidono di seguirci. Mi diverto tanto anche a mostrare piccoli momenti di vita, credo siano momenti belli da mostrare e da condividere.
Il sogno nel cassetto di Ilaria Porceddu?
Ritornare in Sardegna e continuare a fare questo lavoro in Sardegna, un po’ come decide di fare De Andrè anche se lui veniva da Genova.
Quali sono i prossimi impegni ed i progetti per il futuro?
Parlando di De Andrè, il 28 giugno farò un concerto completamente dedicato a Fabrizio De Andrè con una scaletta molto particolare, poi stiamo chiudendo il calendario estivo con tantissimo live soprattutto in trio con contrabasso e sax soprano.
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