SIMONE CRISTICCHI: Storia da un Cantastorie

Un nuovo Simone Cristicchi con il cuore sempre alla musica e con un piede al teatro. La meticolosa ricerca di pagine sepolte della storia italiana messe in scena con la sensibilità che lo contraddistingue da sempre. Ecco il racconto del suo “musical civile”.

Ph Tommaso Le Pera
Ph Tommaso Le Pera

“Mio nonno è morto in guerra” e “Magazzino 18”, due grandi successi per pubblico ma anche moltissime contestazioni. Un tuo bilancio su questa esperienza?

L’esperienza è stata come bellissima, Magazzino 18, mi ha ricordato di quando vinsi il festival di San Remo con “Ti regalerò una rosa”. Fu un plebiscito popolare e allo stesso tempo incontrò qualche piccola contestazione da parte di alcuni psichiatri che videro nel volo descritto nell’ultima strofa, un’istigazione al suicidio. Magazzino 18 va anch’essa a toccare dei nervi scoperti, una pagina della storia italiana un po’ scomoda, che ha a che fare con la politica, con la sinistra e ancor meglio con il comunismo. Nella storia che racconto, per la prima volta, gli italiani, sono vittime di qualcuno. Noi siamo bravissimi a tirarci la zappa sui piedi, lo siamo sempre stati, ci auto accusiamo, siamo in gradi di dircene di tutti i colori. Nella vicenda dell’esodo d’Istria, gli italiani sono state vittime, anche questo punto di vista ad alcuni non sta bene. Lo spettacolo che ho proposto va a sviscerare quelle che sono le zone grigie della lotta della resistenza. Io ci credo, ovviamente, sono i valori su cui poggia anche la mia esistenza, ne sono testimoni i miei spettacoli precedenti. Il fatto che vada a tirare fuori certi scheletri dall’armadio e questo per alcuni vuol dire “santificare” la resistenza quando invece la realtà è ben diversa.

Perché “Magazzino 18”?

Ph Tommaso Le Pera
Ph Tommaso Le Pera

Perché mi sembrava giusto partire da oggetti per raccontare la storia, gli oggetti risalgono agli anni quaranta e cinquanta, essendo stato questo un enorme trasloco che ha coinvolto più di trecentomila persone. Questi oggetti sono particolari, perché hanno impresso sopra il nome del proprietario ed è l’unico elemento da cui si può ricostruire la storia delle famiglie che appunto furono costrette all’esodo. Quindi “Magazzino 18” che è una sorta di museo, suo malgrado, anche se non era aperto al pubblico, almeno fino a qualche mese fa, a seguito dello spettacolo è stato aperto ai visitatori. Mi è sembrato fosse il luogo simbolo di questo esodo, di uno strappo che c’è stato, di uno sradicamento, di una perdita della propria identità. Questi oggetti non sono mai più stati reclamati dai loro proprietari e quindi c’è stato un distacco molto violento con quelle che erano le radici.

“Magazzino 18” ci riporta al 1947, quando molte persone furono costrette a lasciare le loro terre perché non più italiane. E’ possibile contrapporre questa storia a quella degli immigrati che oggi sbarcano in Italia?

Purtroppo la pagina di storia che racconto io è ben poco conosciuta ed è stata taciuta per molto tempo ed è anche questo uno dei motivi per cui ho deciso di prendermi la briga di tirarla fuori e documentarmi al meglio per poterla narrare sulle tavole di un palcoscenico. Ovviamente penso che la memoria fine a se stessa non abbia un grandissimo valore se non è poi rapportata all’attualità. I ragazzi delle scuole che vengono a vedere Magazzino 18 si rendono conto che anche gli italiani furono costretti a salire su un barcone e sicuramente fanno un confronto con quelli che sono i barconi di Lampedusa e questi grandi esodi che stanno avvenendo dal sud del mondo. In questo lo spettacolo è anche una metafora di quello che stiamo vivendo noi.

“Mio nonno è morto in guerra”, 14 sedie da cui partono 14 storie di eroi quotidiani. In qualche occasione hai detto di essere dalla parte degli ultimi, di quelli che non hanno voce. Secondo te, quanto è importante far conoscere queste storie? Quanto si rifanno ai giorni nostri, alle storie di disperazione, del padre che ha perso il posto di lavoro, in una società sempre più moderna ma sempre più indifferente?

In “Mio nonno è morto in guerra” le emozioni sono molto forti che sono rimaste impresse nella memoria di questi anziani che io sono andato ad intervistare. E’ uno spettacolo basato sulle emozioni, da cui escono fuori moltissime storie di solidarietà. Nel momento più cupo della storia dell’umanità, la seconda grande guerra mondiale, i sentimenti delle persone, sia quelli brutti che quelli lodevoli, escono fuori in maniera amplificata. La guerra fa questo, amplifica i sentimenti delle persone come anche in momenti come quello in cui ci troviamo a vivere. Ovviamente non stiamo parlando di un evento catastrofico come quello della guerra ma, in momenti come questo, uno spettacolo come “Mio nonno è morto in guerra” fa riflettere su quello che probabilmente può essere la potenzialità dell’uomo che solidarizza con gli altri, anche di questo parliamo nello spettacolo, nel momento del bisogno l’uomo si riscopre umano.

Ph Tommaso Le Pera
Ph Tommaso Le Pera

Sei passato dal ruolo cantautore ad attore, autore di musiche e testi e regista. Insomma ad artista completo. Come si è evoluto il tuo percorso artistico?

Si è evoluto in maniera molto istintiva, io sono partito dal fumetto tanti anni fa poi sono passato alla canzone e quando ho vinto il festival nel 2007 mi sono ritrovato con una immensa popolarità, una grande visibilità. il pubblico italiano finalmente mi aveva adottato, mi aveva scoperto. Io ho cercato semplicemente di utilizzare questa grande popolarità per creare progetti, per scrivere libri, per produrre documentari, fare teatro, etc. Diversamente avrei faticato molto di più a realizzare. Da quel 2007 in poi, posso dire di aver fatto una svolta che mi ha permesso poi di approfondire i diversi linguaggi. Oggi mi diverto, sono riuscito a farne un mestiere vero e proprio. Nello spettacolo “Magazzino 18” se possibile ho unito queste due grandi passioni che ho, il teatro e la musica, ed ho creato quello che ho definito un musical civile. Questo spettacolo credo sia un punto di arrivo molto importante per me e credo che con questo linguaggio che ho inventato insieme al regista Antonio Calenda potrò rappresentare poi tante storie in futuro.

Al momento sei impegnato con il tour, almeno fino a giugno. Oltre al teatro stai lavorando a qualche nuovo progetto?

“Magazzino 18” ha raggiunto le cinquanta repliche e l’anno prossimo raddoppia perché le richieste sono tantissime. L’anno prossimo faremo una tournèe molto lunga e molto impegnativa, come potete immaginare molte città, teatri, direttori artistici non lo hanno voluto prendere a scatola chiusa e visto che ha avuto questo grandissimo successo adesso fanno a gara per averlo in cartellone. Nel frattempo mi sto concentrando su nuove idee da portare sempre in scena e magari un nuovo disco perché l’ultimo l’ho pubblicato due anni fa e prima o poi mi dovrò mettere a lavoro su un nuovo album.

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